L’allievo e i suoi diritti al centro delle scuole statali e paritarie

L’anno scolastico si è avviato in tutto il Paese dopo sette mesi di chiusura. Purtroppo non per tutti gli allievi, in quanto si sono ripresentate le vecchie disfunzioni come la mancanza dei docenti a sostegno dei disabili e in cattedra dall’inizio delle lezioni.

L’emergenza COVID, però, mentre ha messo in immediata evidenza le storiche carenza e disfunzioni, forse ha fatto intravedere alcuni spunti per un cambiamento che permetta di abbandonare la vecchia gestione burocratica e corporativa per intraprendere strategie nuove e più coerenti con la finalità fondante della stessa esistenza del servizio scolastico. Durante il lock- down quando le scuole erano  chiuse, la famiglia non ha mai chiuso, ma è stata in grado di assicurare  la cura, l’accompagnamento ed anche spesso l’istruzione stessa  ai dieci milioni di allievi, rimasti soli per mesi e mesi. Come dire che in questi mesi ciò che ha evitato il peggio non sono  state le strutture, nemmeno i finanziamenti, ma i legami di prossimità che hanno generato solidarietà, creatività e sostegno reciproco.

Sembra che questa prospettiva nuova sia accennata nella proposta ministeriale del Patto educativo di Comunità  per una nuova alleanza educativa con le famiglie, con le comunità locali, tra scuole statali e paritarie, con tutte le agenzie formative e culturale del territorio. In fondo la nuova strategia “dà attuazione a quei principi e valori costituzionali, per i quali tutte le componenti della Repubblica sono impegnate nell’assicurare la realizzazione dell’istruzione e dell’educazione, e fortificando l’alleanza educativa, civile e sociale di cui le istituzioni scolastiche sono interpreti necessari, ma non unici (Decreto Ministeriale 39 – 2020).

In particolare, dove il Patto di comunità ha coinvolto anche le scuole paritarie, queste sono state in grado di offrire locali aggiuntivi alle statali per assicurare il distanziamento. Altre hanno aperto le porte alla proposta di alcuni Comuni di accogliere gli allievi, che non avevano trovato posto nei loro servizi educativi, previo pagamento delle rette da parte degli stessi Comuni. Questo nuovo spirito collaborativo tra istituzioni statali  e paritari è stato favorito dall’emergenza sanitaria e soprattutto dal porre al centro le esigenze educative dei minori, superando vecchie logiche di contrapposizione e di concorrenza tra istituti.

La priorità dell’allievo sembra aver cambiato anche le stesse procedure ministeriali nell’assegnare i contributi statali alle paritarie. Infatti, per tradizione i fondi erano assegnati alle scuole sulla base del numero degli istituti e delle classi/sezioni. L’ultimo decreto, invece,  assegna i fondi alle scuole “in proporzione al numero di bambini iscritti nell’anno scolastico 2019/2020 e in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette” ( Decreto MI n. 118 dell’ 8 – 9 – 2020). Dal testo risulta che i fondi sono assegnati  non solo sulla base del numero degli allievi, ma con la motivazione puntuale di tendere a compensare le riduzioni delle rette.

Emerge così un’impostazione giuridica che pone al centro l’allievo e il suo diritto all’istruzione.

Le rette, infatti, se pagate per intero dalle famiglie anche in questo periodo di pandemia, avrebbero dovuto  compensare tutte le spese ordinarie  di un istituto paritario. Ora il Ministero è intervenuto ma a condizione che siano state diminuite o azzerate le rette, è intervenuto, cioè, in favore dell’allievo e non a fondo perduto. Questa impostazione è stata confermata anche dal Comune di Milano che ha stanziato contributi alle scuole paritarie “a parziale copertura dei danni economici, determinati sulla base della differenza tra le spese sostenute (per esempio il canone d’affitto e le utenze) e le entrate incassate attraverso le rette di frequenza”.

Se questa procedura per finanziare le scuole paritarie  fosse confermata dagli altri Enti Pubblici come Regione e Comuni, risulterebbe evidente a tutti che i finanziamenti pubblici alle paritarie non sono più destinati agli istituti paritari a scapito degli istituti statali, ma sono a beneficio delle famiglie in quanto tendono a compensare  “la riduzione o il mancato versamento delle rette”,  che solo in Italia i genitori sono costretti a pagare,

E’ curioso come nel nostro Paese mentre il  Ministero all’economia e alle finanze ha ufficializzato da tempo il costo standard necessario a compensare tutti i costi per  la gestione di una scuola paritarie (Decreto 26 – giugno 2012), poi non si è fatto carico del fatto che tale costo ricade impropriamente  sulle spalle delle famiglie italiane con le rette.

Invece la riduzione graduale del costo standard  dovrebbe  costituire l’obiettivo precipuo  di tutti i contributi che lo Stato, le Regioni e i Comuni  assegnano alle famiglie e alle scuole paritarie. Infatti è compito della Repubblica rimuovere gli ostacolo di ordine economico che  impediscono la fruizione dei diritti inviolabili dell’uomo, qual’è quello dei genitori di istruire i figli a seconda delle proprie convinzioni culturali ed educative (art 3 – 30 – della Costituzione, art 26 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo).  Purtroppo dopo settant’anni di regime democratico, da noi permangono pregiudizi ideologici e narrazioni scorrette che continuano a legittimare la persistente discriminazione tra i cittadini che possono e quanti non sono in grado di accedere alla scuola paritaria  a causa delle rette previste per la frequenza. E’ urgente che tutte le istituzioni aumentino i finanziamenti alle scuole paritarie “a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per l’istruzione (art 9 della legge 62 – 2000).

Se effettivamente il COVID ha aiutato a fare degli allievi la misura e il fine delle scelte familiari e istituzionali, allora è urgente che si  abbandonino vecchie logiche divisive e dannose  per  cercare di garantire a tutti nella libertà le migliori opportunità educative.