La Scuola nella società di oggi, quanto più innovativa, tanto più concreta.

Di Teresa Madeo*

La responsabilità di preparare le nuove generazioni a un futuro non del tutto definito produce molta ansia nelle generazioni più adulte, che temono di fallire in questo delicato compito. Tale mandato, generalmente condiviso a parole da molti, va però poi realizzato concretamente e su come realizzarlo si verificano scontri particolari, in quanto si tratta di definire quali sono i modelli di donna, di uomo, di società, di scuola, di organizzazione scolastica che ogni parte (scuola, famiglia, parti sociali, governo, mondo del lavoro, i ragazzi stessi) ha in mente non sempre in modo chiaro ed esplicito e che vengono posti come le finalità cui deve tendere la scuola.

Se si vuole cambiare la scuola, intanto bisogna cambiare la mentalità e la sensibilità di chi la scuola la dirige e la porta avanti tutti i giorni in aula. Se non si incide sulla mentalità degli adulti, non ci sono le condizioni per aiutare i giovani a crescere e a inserirsi in modo propositivo nella società.

La formazione degli insegnanti deve essere cambiata in fase iniziale e deve poi essere perseguita secondo le indicazioni europee ormai ampiamente accreditate del lifelong learning.

La scuola oggi anche luogo su cui le famiglie attuali, spesso disorientate nelle scelte educative da compiere, riversano attese di aiuto nel crescere i figli.

Gli insegnanti stessi sono anche genitori con gli stessi problemi e, in più, con il carico di ansia per le grandi responsabilità loro affidate dalla società e dalle famiglie.

Inoltre, gli insegnanti si sentono in grande difficoltà perché finora, all’interno della formazione ricevuta, non sono stati forniti loro strumenti per affrontare i problemi educativi che riguardano la normale fatica di crescere, ma anche le nuove emergenti forme di disagio: violenze familiari fisiche e sessuali, disturbi alimentari, videodipendenze, bullismo, omofobia, tendenze suicidarie.

La formazione degli insegnanti, specie della scuola secondaria, si è finora concentrata prevalentemente sul piano dei contenuti disciplinari, importantissimi ma non sufficienti quando si ha a che fare con soggetti in crescita.

Infatti, i ragazzi sono capaci di studiare anche accanitamente certi contenuti disciplinari a condizione, però, di essere mossi da una forte motivazione e da un forte interesse.

La necessità di gestire efficacemente la differenza culturale nella società impone un forte investimento sull’educazione interculturale, come progetto intenzionale di promozione del dialogo e del confronto culturale rivolto a tutti, italiani e stranieri, per costruire le forme di una cittadinanza attiva, consapevole e interculturale.

La scuola oggi è chiamata a farsi inoltre promotrice di un’educazione di genere, che deve essere accresciuta trasversalmente nei diversi campi del sapere e degli ambiti disciplinari: per poter raggiungere questo obiettivo, si rende necessaria un’adeguata formazione iniziale dei futuri insegnanti e un’adeguata sensibilizzazione del corpo docente in servizio.

La scuola italiana difatti continua a proporsi come un ambiente neutro, che non pone a tema le differenze di genere e proprio per questo non fa altro che replicare concezioni stereotipate dei due sessi. Ancora oggi l’appartenenza di genere condiziona fortemente i sogni, le aspettative, i progetti e le opportunità di vita, sia personali che professionali, dei maschi e delle femmine. Ignorare questo condizionamento porta inevitabilmente a perpetuare forme più o meno marcate di discriminazione, che non solo sono dannose per entrambi i generi, ma che risultano certamente più penalizzanti per il genere femminile.

C’è la necessità di insegnanti promotori e sostenitori di una cultura dell’inclusione. Un’ inclusione reale dell’alunno con disabilità avviene nella collaborazione tra tutti i docenti della scuola e, tra questi, con la famiglia e la rete dei servizi sociali e sanitari del territorio, nella costruzione comune di un progetto formativo che inizi nella scuola, ma vada oltre la scuola, verso la possibile autonomia della persona con disabilità.

C’è poi bisogno di una scuola che riconosce e fa emergere le eccellenze, il valore degli studenti “con una marcia in più”.

Oggi la didattica scolastica ha urgenza di ripensare i saperi in funzione di fini istruttivi ed educativi insieme, fini che saldino conoscenze e competenze da far apprendere sullo sfondo di una “scuola nuova”, capace di tenere uniti i fronti della cultura contemporanea (letteratura e arte, scienza e tecnologia). Tali compiti vanno assolti in scuole che sono, sempre più, “sistemi sociali” complessi, luoghi vivi di relazioni ed esperienze che diventano apprendimenti grazie a una didattica attiva, fondata su metodi che coinvolgano insegnanti e allievi nell’avventura della conoscenza. Una didattica attiva ed efficace è formazione ai saperi essenziali e alle competenze che di essi si nutrono, è conoscenza di metodi personalizzati per far apprendere le materie o i contenuti da insegnare in modo critico, significativo, autonomo, concedendo sempre più spazio alle metodologie aventi l’impronta della laboratorialità, del cooperativismo, della transmedialità. Questo non significa negare il valore della “lezione classica” e dei suoi contenuti rispetto alla comunicazione didattica, bensì operare una sapiente contestualizzazione dei saperi in ambienti di apprendimento fortemente rinnovati nelle possibilità espressive da offrire alle ragazze e ai ragazzi.

E se la scuola del passato è stata fondata sull’ascolto, sarebbe a dire sull’autorità dell’insegnante e del libro, sul silenzio degli scolari, sull’apprendimento mnemonico, mentre quella nuova sull’attività, ovvero sulla collaborazione tra insegnante e scolari e tra scolaro e scolaro, sull’abitudine al confronto, sullo sviluppo del senso critico, l’anima di questa istituzione imprescindibile non potrà fare a meno comunque mai della sua missione, da traguardare tenendo conto del cambiamento dei tempi: la trasmissione di regole e diritti, di esperienza e cultura, di cognizione del passato e addestramento al futuro.

La sfida sarà quella di creare una metodologia che valorizzi la molteplicità delle intelligenze, «facendole interagire tra loro per moltiplicarle, evitando di sminuirle o disperderle. Bisogna porsi ad ascoltare i nostri ragazzi, guardare la scuola con i loro occhi, renderli protagonisti, lasciarli liberi di scegliere le modalità con cui apprendere.

*Professoressa IIS Cellini  Fi, Docente Utilizzata su Progetti Nazionali presso USR Toscana