La scuola di Montezemolo

Taglio di un quarto degli insegnanti, tornando al rapporto docenti/allievi del 1980; riserva del 10% dei posti per insegnanti giovani; aumento degli stipendi con premi per i meritevoli; riduzione delle materie e degli orari scolastici nei licei; esperti esterni (10% dei docenti) nell’area tecnico-professionale; più matematica e scienze nei programmi, partendo dalla scuola elementare; budget autonomi per le scuole, con autonoma responsabilità gestionale.
Se Luca di Montezemolo, come si è ventilato nei giorni scorsi, scendesse in campo (nel campo della politica) personalmente, e presentasse una sua piattaforma programmatica, queste sarebbero verosimilmente le linee della politica scolastica che egli proporrebbe.
Per il momento si tratta di proposte di parte, di una parte sociale: le ha presentate al governo la scorsa settimana il responsabile per l’Education di Confindustria Gian Felice Rocca, vicepresidente dell’organizzazione degli industriali presieduta da Montezemolo. Ma se prendessero corpo le ipotesi di crisi politica e di formazione di un governo tecnico o istituzionale – magari non direttamente guidato da Montezemolo ma aperto alle posizioni di Confindustria – queste proposte potrebbero diventare le linee di un programma di governo, provocando certamente fibrillazione sia nel centrosinistra che nel centrodestra, che difficilmente potrebbero far proprio questo modello di riforma trasformandolo in progetti ed azioni conseguenti.
E’ facile prevedere che, in tal caso, l’opposizione dei sindacati sarebbe fortissima: ancora più forte di quanto lo sia stata nei confronti delle assai meno sconvolgenti decisioni assunte dal governo Berlusconi-Moratti, e rimaste quasi tutte sulla carta.