La scuola dei bamboccioni/2. Non forma il carattere

Il termine “bamboccioni” usato da Padoa-Schioppa sembra aver indignato i genitori dei trentenni casalinghi, che secondo l’ex ministro Rocco Buttiglione sono stati in tal modo da lui ingiustamente “insolentiti“. “Il termine bamboccioni può apparire uno schiaffo“, ha replicato TPS, “ma non ha nessuna intenzione offensiva. E una scossa forse è utile proprio ai giovani“.
L’intenzionalità pedagogica dell’inusuale espressione impiegata dal ministro dell’Economia risulta evidente anche da altre sue dichiarazioni, che fanno risalire alla generazione del ’68 la responsabilità di aver istituito con i figli rapporti eccessivamente permissivi e protettivi. Rapporti che hanno portato i genitori degli attuali trentenni a giustificarne atteggiamenti e comportamenti di scarso impegno, per esempio, nel campo degli studi.
Ha qualche responsabilità il sistema scolastico (peraltro duramente contestato e delegittimato dai sessantottini) nel non aver saputo contrastare questa tendenza? Certo, più che della responsabilità del sistema si dovrebbe parlare di quella dei governanti, dei tanti (in)decisori politici che non hanno saputo risolvere né il problema della riforma degli ordinamenti né quello della rilegittimazione dell’istituzione scuola come soggetto educativo inteso in senso ampio, fonte di regole rispettate, capace di formare il carattere, la tempra morale ed etico-sociale dei giovani.
Simbolo di questo fallimento è stata la vicenda dell’educazione civica nelle sue varie versioni, tutte fallite perché tutte inidonee allo scopo. Mentre l’invocata collaborazione tra la scuola e la famiglia non è stata finalizzata al principale scopo per il quale doveva servire: la rivalutazione del ruolo della scuola, il rispetto per la sua funzione istituzionale.