La scuola connessa alla vita e al lavoro: apprendere nella scuola e oltre

La scuola è sempre stata investita del compito di preparare le giovani generazioni a entrare, con il necessario bagaglio di conoscenze e competenze, nel mondo del lavoro e nella vita sociale adulta. Questa funzione preparatoria la ha portato a ritagliarsi uno spazio accademico separato dalla realtà, dedicato all’apprendimento formale necessario per il successivo ingresso nel mondo reale. C’era una sorta di patto, che giustificava il passaggio lineare dalla scuola alla vita; come in una sorta di corsa a staffetta, il testimone (conoscenze e competenze) passava dalla mano della scuola a quella del mondo delle professioni e del lavoro.

Nella società postmoderna questa linearità si è interrotta, ha perso il suo senso. Poiché la cifra dei nostri giorni è quella dell’incertezza, dei rapidissimi cambiamenti, dell’essere continuamente nella necessità di fronteggiare problemi complessi e inediti, la scuola “dell’insegnamento” ha dovuto cedere il posto alla scuola “dell’apprendimento”, cioè alla scuola focalizzata sull’insegnare ad apprendere, che mette al centro della sua didattica il costrutto della competenza. Questa scelta ha importanti conseguenze sulla didattica. In primo luogo, insegnare “per competenze” significa insegnare per problemi, e per problemi reali, perché l’unico modo attraverso il quale le competenze possono esercitarsi e crescere è il misurarsi con situazioni sfidanti. In secondo luogo, il tempo dell’apprendere dentro la scuola non coincide con il tempo dell’apprendimento, che si prolunga in due direzioni: long life leaning (apprendere durante tutta la vita); large life learning (apprendere anche fuori della scuola, pur mentre la si frequenta).

Questo cambia anche il modo di intendere il rapporto con il mondo del lavoro, che ora è più sensibile alle soft skills o life skills e meno all’addestramento funzionale all’esecuzione di ruoli e metodi, che certamente cambieranno prima ancora che gli studenti entrino nella dimensione lavorativa. Inoltre, non sono solo gli istituti tecnici o professionali, per loro natura professionalizzanti, a dover prevedere tirocini e stage, ma ogni ordine e e grado di scuola è chiamato a ripensare la propria formazione includendo anche ciò che è oltre l’aula. Ci sono vari modi per interpretare queste nuove esigenze. Nel nostro Dossier ne segnaliamo due, che per di più possono utilmente incontrarsi. Il Service-Learning è una proposta che, per sua natura, porta gli studenti di ogni età a uscire dall’aula per misurarsi con problemi reali, ed ha nell’educazione alla cittadinanza attiva il suo valore aggiunto. L’alternanza scuola/lavoro (oggi chiamata PCTO) è stata estesa a tutti gli indirizzi delle scuole del secondo ciclo perché si riconosce l’importanza formativa che, per tutti gli studenti, ha l’esperienza di apprendimento ha quando si misura con il mondo del lavoro e delle organizzazioni sociali.

Ma c’è di più e ne abbiamo parlato nell’inserto de La scuola che sogniamo pubblicato nel numero di aprile di Tuttoscuola e dedicato alla scuola connessa alla vita e al lavoro.

Abbiamo parlato della scuola connessa alla vita e al lavoro nell’inserto de La scuola che sogniamo pubblicato nel numero di aprile  di Tuttoscuola 

La scuola connessa alla vita e al lavoro è il modello che abbiamo presentato nel mese di aprile all’interno del nostro progetto “La scuola che sogniamo”.

Nell’inserto pubblicato all’interno del numero 601 aprile di Tuttoscuola troverai i seguenti approfondimenti sulla scuola delle alleanze:

– L’alternanza scuola-lavoro/PCTO come opportunità di innovazione per la scuola italiana, di Arduino Salatin;
– Una scuola che guarda al lavoro;
– “Un Museo per tutti”: una lezione di bellezza, inclusione e solidarietà, di Rosanna Pellegrini.

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