
La scomparsa di Umberto Eco, il Professore
Forse nessuno più di Umberto Eco, morto venerdì scorso nella sua casa di Milano, ha meritato l’appellativo di Professore. Per esserlo stato per oltre cinquanta anni nelle università italiane, sempre in stretto contatto con gli studenti, ma anche per aver svolto una funzione lato sensu pedagogica nei confronti dei molti lettori dei suoi libri, dei suoi articoli e delle sue rubriche giornalistiche, tutti canali comunicativi da lui utilizzati per stimolare riflessione, curiosità, dubbio critico, ironia. Per fare, insomma, Educazione civica, o civile, per gli italiani.
Si era occupato spesso anche di scuola, di educazione ai media naturalmente, ma anche di educazione interculturale e di didattica, difendendo il libro di testo tradizionale, che internet può al massimo integrare, non sostituire se si vuole evitare un apprendimento superficiale, acritico, di consistenza e durata effimera, insomma dis-educativo.
Partecipò anche, insieme a Tullio De Mauro e Paolo Sylos Labini, alla prima fase della commissione Brocca (1988-89), che ha rappresentato per molti aspetti il più organico tentativo di individuare un asse culturale unitario per la riforma della scuola secondaria compiuto in Italia dal Documento di Frascati (1970) ad oggi.
Negli ultimi anni crebbe la sua diffidenza verso quella sorta di populismo mediatico di massa innescato dalla diffusione dei social network, che tanti danni rischiava – e rischia, vorremmo aggiungere – di produrre nella formazione dei giovani (oltre che nell’abbassamento della qualità del dibattito pubblico): un severo ammonimento fu pronunciato da Eco in occasione della laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” conferitagli il 15 giugno 2015 dall’università di Torino, dove si era laureato in filosofia nel 1954. Suonava così: “I social network danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività”.
Per questo il Professore invitava i docenti della scuola a fare un uso razionale e didatticamente produttivo di internet, insegnando agli alunni, prima di tutto, come selezionare le informazioni, distinguendo quelle utili dal mare di spazzatura che circola nel web (una situazione applicabile anche al settore dell’informazione su scuola e istruzione). Una condizione necessaria, guardando al futuro, per cercare di evitare la crescita delle legioni degli “imbecilli”.
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