
La scomparsa di Jerome Bruner, un grande del Novecento pedagogico. E civile
La notizia della morte di Jerome Bruner, all’età di quasi 101 anni, ha avuto in Italia un modesto risalto, se si eccettua l’eco che ha avuto a Reggio Emilia, città che gli aveva dato la cittadinanza onoraria e la laurea ad honorem, conferitagli dall’università di Modena e Reggio anche per avere egli seguito da vicino, con visite annuali dal 1995 al 2008, il modello reggiano di scuola preelementare (nidi e scuole dell’infanzia gestiti dal Comune), diventato anche con il suo contribuito una delle eccellenze educative a livello planetario.
Nel ‘Reggio Emilia Approach’, che coinvolge verticalmente la fascia 0-6 anni (ma non ha mai trovato uno sviluppo coerente nella scuola elementare-primaria, con l’eccezione di quella inserita nel centro Malaguzzi), Bruner aveva trovato una verifica pratica del suo modello psico-pedagogico, centrato sull’interazione tra il bambino e l’ambiente sociale e professionale che lo circonda e lo aiuta a crescere, rispettandone però sempre i modi e i ritmi di apprendimento. Insomma la sua libertà e la sua creatività.
Con Bruner scompare una figura di studioso dei problemi educativi a competenza plurima (in inglese ‘educationalist’): psicologo, pedagogista, consulente per la politica scolastica di più governi americani, brillante saggista e conferenziere, punto di riferimento del dibattito educativo nella seconda metà del Novecento, come ricorda, rendendogli omaggio, un altro celebre, ma più giovane (classe 1943) psicologo americano, Howard Gardner.
Nella prima metà del Novecento un ruolo in qualche misura paragonabile per polivalenza di interessi a quello ricoperto da Bruner nei 50 anni successivi lo aveva esercitato negli USA John Dewey, anch’egli morto quasi centenario (1859-1952) e a Bruner collegabile, pur nella diversità dei riferimenti filosofici e scientifici, per la concezione del bambino come soggetto attivo, dinamico, in grado (e in diritto) di costruire liberamente la sua rete di relazioni sociali e il suo personale patrimonio culturale. Due grandi personalità che resteranno nella storia della scuola e della cultura liberal-democratica progressista.
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