La pratica del digital parenting: alla ricerca di equilibrio tra mediazione restrittiva e mediazione permissiva nell’uso dei media digitali da parte dei figli

di Laura Cunico* & Orietta Busatto**

Il presente contributo ha l’intento di offrire ai genitori e agli educatori, alcune riflessioni e suggestioni pedagogiche per accompagnare i nativi digitali, al buon utilizzo dei devices tecnologici, nel tentativo di contrastarne l’uso massiccio e sregolato.  

Il 98% delle persone fra gli 11 e i 74 anni ha in tasca uno smartphone (dato Google Trends Giugno 2017). E quando una cosa ce l’hai, pian piano cominci ad usarla, a prenderci confidenza e alla fine non ne puoi fare a meno. Dall’uso, il passo è breve, si passa all’abuso, fino a cadere nella dipendenza. Sono ben documentati i potenziali danni derivanti dall’abuso dell’utilizzo di devices tecnologici. Uno di questi è il rischio di “dipendenza”. Oggi più che mai è vivo l’interesse per le dipendenze cosiddette da comportamento o sociali (nuove dipendenze), presenti nella vita quotidiana di tutti e che non hanno nulla a che vedere con l’abuso di sostanze, inerenti alle droghe e all’alcol.

Nelle dipendenze comportamentali, invece, il centro dell’attenzione è spostato su un piano prettamente psicologico, dove l’individuo mette in atto comportamenti mirati alla soddisfazione di un bisogno che è essenzialmente di natura emotiva. Per tale ragione, è stato adottato l’uso del termine anglosassone addiction, il quale fa riferimento ad un atto di origine comportamentale piuttosto che all’abuso di una sostanza (Coletti, 2004). Si tratta di una condizione in cui si perde il controllo su una determinata attività, tra questi l’utilizzo di videogiochi o tecnologie di comunicazione (internet e cellulare), il gioco d’azzardo, il lavoro, relazioni virtuali, il sesso virtuale, ect. L’Internet Addiction non è ancora riconosciuta in nessun sistema diagnostico ufficiale, tuttavia, gli studiosi indicano quattro componenti essenziali per la diagnosi: 1. Utilizzo eccessivo di internet; 2. Isolamento; 3. Tolleranza; 4. Bisogno di mentire, ritiro sociale, peggioramento scolastico, stanchezza (Young, 1999).

Il genitore come role modelling

I bambini ci osservano e spesso cercano di imitarci; i genitori dovrebbero mostrare ai figli alcune buone prassi comportamentali nell’uso delle tecnologie comunicative, anche se sembrano banali, scontate, ad esempio:

  • Non rispondere al telefono durante i pasti in famiglia
  • Evitare di rispondere al telefono quando si intrattiene una conversazione con un familiare o persona estranea
  • Non guardare insistentemente lo screen per verificare l’arrivo di messaggi
  • Impostare il telefono silenzioso o spegnerlo quando si studia o si fa sport, si guarda un film
  • Mostrare di non fidarsi sempre di tutti siti web
  • Evitare l’esposizione per lungo tempo, monitorare il tempo di sosta nella rete

Il genitore come l’istruttore di guida

Facci et al. (2013, p. 15) nel loro testo affermano che “Quando regaliamo ai figli una bicicletta e gli spieghiamo come si usa, gli insegniamo a guardare a destra e a sinistra prima di attraversare la strada, ci assicuriamo che il bambino capisca quali sono le regole da rispettare”. Quando si regala a un minore un computer, un tablet, uno smrtphone, va spiegato come si usa. Va pattuito una sorta di accordo tra genitori e figli in cui si stabiliscono regole per un buon utilizzo dei devices.

I genitori devono mettersi al fianco del proprio figlio e spiegare i rischi e i pericoli della rete, aiutarli a gestire il tempo trascorso online, come l’istruttore di guida affianca chi sta imparando a guidare l’automobile, che spiega le regole della strada, i divieti, la precedenza, la sosta, il rispetto della velocità, ect. L’adulto non deve essere presente solo per controllare, ma per accompagnare.

Per quanto riguarda i bambini più piccoli, che si approcciano per la prima volta alle nuove tecnologie, la semplice ma non scontata presenza dell’adulto è già un modo efficace per evitare la nascita di dipendenza da Internet.

Non si dovrebbe avere il timore che i figli “nativi digitali” siano più competenti dei genitori, da un punto di vista tecnologico, anzi questa condizione può essere sfruttata al meglio per costruire un efficace scambio educativo.  Se da un lato, i giovani possono aiutare gli adulti nelle loro conoscenze tecniche, dall’altro, i genitori possono trasmettere responsabilità e senso critico.

Ci preme dire che, demonizzare le tecnologie o praticare terrorismo psicologico rispetto ai pericoli della rete, sono azioni da non fare. Non si tratta di respingere le tecnologie, quanto piuttosto di favorirne un uso consapevole e responsabile. Il primo passo è quello di invitare i minori a limitare, modulare, regolare l’uso di questi strumenti, alquanto attraenti. Se queste azioni sono necessarie per i minori, lo sono altrettanto per molte persone adulte e gli anziani.

Adottare strategie affinché i propri figli stiano lontani dalle tecnologie, si corre il rischio di allontanare i bambini e gli adolescenti da una cittadinanza digitale consapevole e ciò risulterebbe controproducente.

Non si tratta di vietare il mondo digitale, bensì di formare persone autenticamente umane, per un mondo digitale, dove la persona si esprime in modo consapevole, costruttivo, con un pensiero frutto di una scelta pensata e valutata.

Riferimenti bibliografici

Facci M., Valorzi S., Berti M. (2013). Generazione Cloud. Essere genitori ai tempi di smartphone e tablet, Trento: Erickson.

Young, K. S. (1999). Internet addiction: Symptoms, evaluation, and treatment innovations in clinical practice (Vol. 17). In L. VandeCreek, & T. L. Jackson (Eds.), Sarasota, FL: Professional Resource Press.

Caretti V., La Barbera D (2005) Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia, Milano: Raffaello Cortina Editore

 

*Pedagogista, Tesoriera ANPE Veneto, Mediatrice Familiare, docente a contratto Università degli Studi di Verona 
**Pedagogista, Presidente ANPE Veneto, Docente di scuola primaria, collabora alle attività didattiche dell’Università degli Studi di Padova.