
La questione della corretta attuazione della legge 62/2000 (Berlinguer) in materia di finanziamento delle scuole paritarie continua a essere oggetto di dibattito e di opposte interpretazioni.
C’è chi, come una parte del mondo delle scuole non statali (non tutte) sostiene da tempo che il principio della parità, pienamente riconosciuto dalla legge 62 dal punto di vista giuridico, non possa trovare la sua compiuta realizzazione se non estendendosi anche alla dimensione economica della stessa parità.
E c’è chi, all’opposto, sostiene che questa possibilità sia totalmente preclusa dalla legge 62, il cui esplicito riferimento alla nota locuzione costituzionale “senza oneri per lo Stato” (art. 33, comma 3) andrebbe interpretato come un divieto assoluto e a tutto campo, senza eccezioni. Secondo i fautori di questa tesi anche gli interventi a sostegno delle famiglie che scelgono le scuole paritarie, decisi da alcune Regioni dopo la riforma costituzionale del titolo V del 2001, sono non solo incostituzionali ma anche illegittimi a norma della stessa legge 62.
Su questa trincea si sono schierati vari raggruppamenti politici e sindacali, comitati di base e giuristi dell’area più ostile a qualunque modifica o interpretazione evolutiva della Costituzione in tutti i suoi aspetti (ne fanno parte per esempio Stefano Rodotà e Wladimiro Zagrebelsky, i ‘professoroni’ con i quali per altri versi polemizzano il premier Renzi e la ministra Boschi).
Quel che sembra chiaro a molti è che la legge sulla parità, così com’è, mostra la corda. Ma non è così per tutti. C’è anche chi la difende a spada tratta, come mostriamo nella news successiva.
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