Tuttoscuola: Non solo statale

La cartina al tornasole del finanziamento alle scuole paritarie

Da qualche tempo si registrano, dall’interno del Partito Democratico a guida Renzi, voci favorevoli a rivedere la tradizionale posizione di chiusura verso il finanziamento delle scuole non statali paritarie, posizione che è stata storicamente sostenuta dal principale soggetto politico confluito nel PD, quello che l’ex segretario Pierluigi Bersani chiama ‘la Ditta’, la componente ex PCI-PDS-DS-PD ante Renzi.

Non si tratta solo degli accenni velatamente autocritici fatti in più occasioni dall’ex ministro Luigi Berlinguer, autore del compromesso realizzato con la legge 62/2000 che attribuiva alle scuole paritarie una parità dimidiata, giuridica ma non economica. Altri esponenti del PD renziano, dai deputati Edoardo Patriarca e Simonetta Rubinato alla neo piddina Stefania Giannini, ministro dell’istruzione, hanno mostrato comprensione e disponibilità verso le difficoltà, soprattutto di carattere economico, delle scuole paritarie, sospinte in buona parte ai margini del mercato dalla crisi degli ultimi anni. I primi due sono firmatari, insieme ad altri 42 deputati di PD, Area popolare, Per l’Italia-Cd e Scelta civica, di una lettera aperta al premier Renzi nella quale affermano che “come parlamentari della maggioranza che sostiene il governo, siamo convinti che lo slancio riformatore che esso sta portando avanti in molti campi debba tradursi in opere concrete anche a favore del pluralismo e della libertà di scelta educativa per le famiglie, senza ulteriori inaccettabili discriminazioni per quelle che intendono avvalersi delle scuole pubbliche paritarie. Si tratta semplicemente di ottemperare a quanto previsto già dalla Risoluzione del Parlamento Europeo approvata a Bruxelles il 14.3.84 e ribadito di recente nella Risoluzione del 4.10.12.

Certamente un segno di attenzione verso queste scuole, come sarebbe la possibilità di detrarre ai fini fiscali almeno una parte delle spese sostenute dalle famiglie, possibilità che potrebbe concretarsi all’interno dei provvedimenti attuativi della ‘Buona Scuola’, costituirebbe una svolta e sarebbe una chiara dimostrazione di discontinuità nella politica scolastica del Governo e soprattutto del PD.

È probabile che su una decisione di questo genere la sinistra interna del PD e quella esterna di Sel, assieme al Movimento 5 Stelle e a una parte dei sindacati, condurrebbe una dura battaglia di opposizione, come quella che già sta facendo sul Jobs Act e sulle riforme costituzionali. La rottura del totem del ‘senza oneri per lo Stato’, dopo quella verificatasi sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e quella sul superamento del bicameralismo perfetto (causa dell’insabbiamento di molte, importanti riforme scolastiche), avrebbe il valore di una cartina al tornasole della effettiva volontà del PD renziano di rompere con il passato mentre costituirebbe, per gli oppositori, una ulteriore sfida a decidere rapidamente se continuare a combattere dentro il partito per riconquistare la guida della ‘Ditta’ o collegarsi organicamente, ma fuori del Partito, alle altre forze politiche e sindacali che al governo si oppongono da sinistra. 

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