La Buona Scuola/2. Tra marketing e democrazia deliberativa

Molte voci critiche si sono levate contro l’iniziativa de ‘La Buona Scuola’ accusata, da destra e da sinistra, di essere un’operazione di marketing, di mera acquisizione del consenso su proposte precostituite, quasi una forma di pubblicità ingannevole.

Non siamo d’accordo. E’ vero che dalla lettura del questionario emerge la preferenza per un certo modello di scuola, o meglio di gestione della scuola (più autonoma, più responsabile, più partecipata anche finanziariamente, con organici più stabili e senza precari, più tecnologica), ma sulle modalità di realizzazione di tale modello c’è la possibilità di dissentire o di giudicare le proposte più o meno rilevanti.

Inoltre su alcuni nodi storici della politica scolastica (vengono citati la formazione in servizio dei docenti, la dispersione scolastica, le classi di concorso, l’abilitazione e il concorso, il rapporto tra scuola, inclusione e integrazione) non vengono date ricette precostituite. Si sollecita anzi la più ampia e libera partecipazione attraverso luoghi di dibattito e co-costruzione virtuale, le cosiddette ‘stanze’ alle quali si accede online dal sito labuonascuola.gov.it/costruiamo-insieme e dove è possibile anche commentare le proposte inserite da altri.

Un’altra possibilità è quella di consultare e votare le proposte emerse dai dibattiti (presentate peraltro in forma ipersintetica) attivando dal sito una apposita procedura che consente però solo di esprimere il gradimento (“mi piace”), e senza un contatore che dia l’idea di quanto la proposta sia ‘gradita’.

Pur con alcuni limiti, dovuti forse anche alla novità dell’iniziativa, l’operazione ‘La Buona Scuola’ ci sembra nel complesso non tanto una campagna di marketing (anche se ne assume qualche aspetto formale) quanto un interessante – almeno potenzialmente – esperimento di democrazia deliberativa: Governo e Parlamento, stando alle attuali regole istituzionali e costituzionali, non possono sottrarsi al diritto-dovere di scegliere e decidere in materia di politica scolastica, ma non c’è dubbio che una forte, documentata e trasparente (il Miur provveda…) partecipazione popolare influirebbe notevolmente sulle decisioni.