Jan Maria Michelini: ‘La scuola dovrebbe aiutare gli studenti a fare luce su ciò per cui sono nati’
Di Sara Morandi
La serie televisiva “Sandokan”, uno dei progetti più attesi della stagione, debutterà su Rai1 e su RaiPlay a partire dal 1° dicembre 2025, con Can Yaman nel ruolo iconico del protagonista. Sotto la sapiente direzione di Jan Maria Michelini e di Nicola Abbatangelo, la fiction rappresenta un adattamento moderno della storica saga di Emilio Salgari, sviluppata per la televisione da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri. Ambientata nelle esotiche terre della Malesia, la narrazione esplora le origini di Sandokan, la leggendaria Tigre della Malesia, e la sua evoluzione da semplice avventuriero a principe dei pirati.
Jan Maria Michelini, con una lunga esperienza alle spalle e collaborazioni con registi di fama internazionale, ha affrontato diverse sfide nel dirigere una saga così nota. La combinazione di location reali e virtuali ha richiesto una preparazione meticolosa, sfruttando tecnologie all’avanguardia come il ledwall e la realtà virtuale aumentata. Questo approccio ha permesso di creare un set straordinario, garantendo un’esperienza visiva immersiva.
Inoltre, Michelini ha sottolineato l’importanza della preparazione e del coraggio delle proprie idee, apprese durante le sue collaborazioni con maestri del cinema come Ron Howard e Mel Gibson. La visione del regista, di una scuola ideale, è quella di un’istituzione che aiuti i giovani a scoprire e coltivare i loro talenti innati. Crede fermamente che la scoperta dei propri desideri e la dedizione allo studio siano fondamentali per costruire un futuro di successo. Jan sogna una scuola che ispiri curiosità e stupore, guidando gli studenti a comprendere per cosa sono davvero nati.
La serie televisiva di Sandokan debutterà su Rai1 e su RaiPlay a partire dal 01 dicembre 2025 con protagonista Can Yaman, sotto la tua direzione e quella di Nicola Abbatangelo. Quali sfide avete affrontato nel dirigere una saga così nota e hai timore, di un eventuale raffronto, con quella originale con Kabir Bedi?
“Paura direi proprio di no… Posso aver paura della guerra, ma non di una comparazione con la prima fiction. Sono passati 50 anni e, in tutto questo tempo, il mondo si è letteralmente evoluto: è cambiata la cinematografia, è cambiata la modalità di scrittura, il modo in cui si interpreta un copione, ecc… Comunque, come in tutti i progetti, ci sono sempre delle sfide da fronteggiare. Ad esempio, Sandokan è ambientato in Malesia. Abbiamo girato tra l’Oriente e l’isola di Réunion per diversi motivi … In Thailandia siamo riusciti a realizzare molte riprese, mentre Réunion è stata scelta per il suo ecosistema, in quanto nel proprio territorio, non vivono animali pericolosi. Questo, ci ha permesso di sfruttare al massimo l’ambientazione e gli attori potevano muoversi, naturalmente, per girare scene in mezzo alle foreste e ai laghi. Inoltre, ci siamo avvalsi di tecnologie moderne come il ledwall e la realtà virtuale aumentata, creando un set straordinario con un galeone: ovvero, quello di Sandokan E’ stata un’esperienza davvero unica”.
Immagino che con “Sandokan” ti sia divertito tanto …
“Si, moltissimo, perché come sai, mi piace cambiare genere. In Italia spesso si tende a categorizzare le professioni; si dice che qualcuno è un attore di commedia, e basta. Certo, ci sono attori più “portati” per un genere rispetto ad un altro, ma ci sono anche molti artisti comici che sono altrettanto straordinari nel dramma, come Nino Frassica e Paola Cortellesi. Dopo “Sandokan” ho diretto un’altra serie per Netflix dal titolo “Chiaroscuro” che tratta di arte. Un light crime ambientato al mondo d’oggi e che vede un cast eccezionale: Pierpaolo Spollon, Andrea Lattanzi, Matilde Gioli, Romana Maggiora Vergano, Aurora Giovinazzo e Alessandro Preziosi”.
Hai avuto l’opportunità di collaborare con registi di fama internazionale come Ron Howard, Mel Gibson e Ryan Murphy. Cosa hai imparato da queste esperienze? Qual è la lezione più preziosa che ne hai tratto?
“La lezione più preziosa che ho appreso è duplice. Innanzitutto, il potere della preparazione. Ad esempio, nel progetto di “Sandokan”, la combinazione di location reali e virtuali ha richiesto di creare un mondo intero praticamente da zero, nonostante avessimo un budget limitato rispetto a quello che avrebbe avuto una produzione americana. La preparazione è stata fondamentale. Non esiste un film o una serie americana che non venga preparata per mesi. Il produttore Luca Bernabei, della Lux, ha voluto che mi preparassi per un anno intero. La preparazione è la chiave per il successo La seconda lezione è il coraggio delle proprie idee. Mel Gibson, quando ha deciso di fare “La Passione di Cristo”, non ha trovato subito chi volesse produrlo o distribuirlo, ma ha perseverato nel suo intento. Portare avanti le proprie idee richiede coraggio, soprattutto quando non si viene compresi immediatamente. Da Ron Howard, ho imparato l’importanza di collaborare con gli attori, non considerandoli semplici interpreti da dirigere, ma persone con cui lavorare in sintonia. Ho visto Ron chiudersi in lunghe sessioni con gli attori per lavorare su una singola scena, ed è stato bello vedere come esplorava e si lasciava sorprendere dall’inaspettato. Se arrivi sul set con tutto già deciso, rischi di perdere la magia dell’imprevisto che la realtà ti offre. Potresti aspettarti una giornata di sole con tanti fiori, ma trovarti invece, sotto la pioggia e senza nemmeno un fiore. Devi essere pronto anche ad improvvisare”.
Quali valori e insegnamenti pensi siano essenziali per i giovani – non solo per coloro che operano nel mondo dello spettacolo – ma in generale, per la vita e per il loro futuro? Quali valori ritieni che debbano portare con sé?
“Credo che la scuola dovrebbe supportare i giovani a scoprire il loro talento innato, a capire per cosa sono nati. Se la scuola riuscisse a orientare in questo senso, sarebbe già un grande traguardo. Una volta scoperto il proprio talento è necessario l’impegno. Puoi avere tutto il talento del mondo, ma se non ti dedichi con costanza e serietà, non raggiungerai mai i tuoi obiettivi. Quindi, lo studio, l’approfondimento e la costanza sono fondamentali. Anche oggi, nonostante la mia esperienza, continuo a studiare ogni sera per il giorno successivo. Lo studio è essenziale per mantenere viva la curiosità e lo stupore”.
Da padre e regista, che tipo di scuola sogni per le nuove generazioni?
“La scuola ideale dovrebbe insegnare, alle studentesse e agli studenti, a comprendere i loro desideri. Uscire da un percorso scolastico sapendo cosa piace nella vita sarebbe un grande passo avanti. La scuola dovrebbe guidare gli studenti nel fare luce su ciò per cui sono nati, aiutandoli a scoprire e coltivare i loro talenti e i loro desideri”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via