IO SONO GIULIA

In occasione di eventi tragici, oppure per la morte di personaggi illustri o di altri gravi fatti che meritano l’attenzione e la condivisione del grande pubblico è invalsa la consuetudine di osservare un minuto di silenzio e di raccoglimento.

È un modo non solo per richiamare l’attenzione sull’evento o sulla persona commemorata, ma anche per coinvolgere sentimenti generali di solidarietà e di condivisione.

Succede a volte negli stadi o in occasione di eventi pubblici.

È successo anche martedì 21 novembre alle ore 11 in tutte le scuole per iniziativa lodevole del ministro Giuseppe Valditara che ha chiesto un minuto di silenzio per Giulia Cecchettin e per tutte le donne vittime di violenza.

Con l’invito il ministro ha anche ricordato che il 25 novembre di ogni anno si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, ricorrenza istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

La commemorazione di quest’anno – dice la nota del ministro – coincide, purtroppo, con l’ennesimo tragico femminicidio, che ha scosso le coscienze di quanti hanno visto in Giulia Cecchettin una figlia, una sorella, un’amica, una studentessa impegnata. Un’altra donna vittima della cultura del dominio e della sopraffazione maschile”.

In alcuni istituti gli studenti, anziché raccogliersi in silenzio, hanno preferito manifestare condivisione con rumori continui: un silenzio-rumoroso che contrasta con il raccoglimento che si richiede in circostanze del genere e che, comunque, ha registrato oltre alle critiche anche molti consensi, volti forse a rimarcare con forza, a differenza di altri minuti di silenzio, la non ineluttabilità dell’evento commemorato.

Oltre alle manifestazioni rumorose con battere di pignatte o di chiavi, potrebbe forse essere efficace nella sua silenziosa visibilità, anche un apparire di tutte le studentesse con un cartello di questo tipo: IO SONO GIULIA, per affermare che tutte le donne, nel riconoscersi in Giulia, pretendono dalla società di non essere considerate potenziali vittime della possibile violenza maschile.

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