Quando l’insufficienza costa cara: 2 rimandati su 3 vanno a ripetizioni, spendendo in media 287 euro ciascuno

Meglio mettere mano al portafoglio a luglio che piangere una bocciatura a settembre: questo sembra essere il mantra delle famiglie italiane che hanno in casa uno studente o una studentessa promossi ma con giudizio sospeso… fino a quelli che una volta si chiamavano esami di riparazione. Si tratta di una situazione molto comune: secondo il Ministero dell’Istruzione, lo scorso anno, quasi 1 alunno delle superiori su 5 ha concluso l’anno con una o più insufficienze da recuperare in estate.

E anche quest’anno il quadro sembra essere in linea con quello passato, come rileva l’annuale “Osservatorio Ripetizioni Estive” di Ripetizioni.it, piattaforma leader in Italia per le lezioni private online e in presenza, che come di consueto in questo periodo ha intervistato 1.000 studenti incappati nel “limbo” delle prove di recupero. Che, ricordiamo, devono svolgersi tassativamente entro l’8 settembre.

Il primo passo di questo “cammino di purificazione” è di solito quello dei corsi di preparazione predisposti dalle scuole: 3 su 4 li hanno trovati disponibili per la materia in cui erano stati rimandati. A tenere queste lezioni sono docenti reclutati dall’istituto e, di solito, non coincidono con i titolari che hanno comminato l’insufficienza. E dato che i fondi sono quelli che sono, a volte non si riescono ad organizzare corsi per “materie rare” in termini di statistici.

Tuttavia, vista la posta in gioco – e forse la scarsa efficacia delle proposte educative offerte – oltre 2 studenti su 3 hanno deciso di ricorrere alle lezioni private, in aggiunta o in alternativa ai corsi di recupero organizzati dalle scuole.

Un fenomeno – quello delle ripetizioni – che però, un po’ a sorpresa, non riguarda solo chi ha ricevuto un debito in pagella: sempre più ragazzi, perfino tra i promossi, si rivolgono a un tutor per colmare lacune e prepararsi al meglio al nuovo anno scolastico.

Infatti, tra chi ha avuto solo sufficienze, quasi 1 su 4 sta comunque frequentando o ha intenzione di frequentare lezioni private durante l’estate: l’11% ha già cominciato, un altro 12% inizierà in vista del nuovo anno scolastico.

Alla fine, però, tutto questo ha un costo. A conti fatti, parliamo di una spesa media di circa 287 euro per studente per le sole ripetizioni estive (senza considerare, quindi, la cifra eventualmente spesa durante l’anno scolastico). Si tratta però, come accennato, di un costo indicativo. Perché ogni caso è a sé stante. Così, se ad esempio il 36% degli intervistati dichiara che spenderà meno di 100 euro, oltre il 20% supererà i 400.

Abbastanza “standard” sono, invece, le materie sulle quali gli studenti mostrano maggiori difficoltà. La Matematica domina, pesando sul 35% degli studenti alle prese con le ripetizioni. Seguono Latino e Greco (30%, ma esclusiva quasi solo dei liceali), le Scienze (29%), Italiano (22%) e Storia/Geografia (12%). Più staccate le lingue straniere (10%) e le materie tecnico-professionali (5%).

Ecco quindi che, per molti, il periodo tradizionalmente destinato alla villeggiatura sarà speso (anche) per recuperare le insufficienze o per potenziare il proprio bagaglio di competenze.

Non a caso, lo studio non si fermerà neanche lontano da casa: il 24% seguirà le ripetizioni online in vacanza, mentre il 53% continuerà da solo o con l’aiuto dei familiari. Solo 1 su 4 ha deciso di spegnere del tutto i libri per godersi l’estate. Una pausa meritata? Forse. Ma per molti, il conto potrebbe arrivare a settembre.

Tutto ciò è possibile perché, oggigiorno, le modalità per usufruire delle lezioni sono diverse, e in grado di “incontrare” le esigenze delle famiglie vacanziere. Fermo restando, infatti, che la lezione a domicilio resta la più diffusa (57%), il 30% preferisce l’online, mentre il 13% adotta un modello misto.

Web che è anche tra i canali principali per trovare i tutor: il 24% si affida a piattaforme specializzate, il 7% ai siti di annunci generici, mentre il 63% si muove ancora tramite l’intramontabile passaparola. Solo il 2% si rivolge a centri di formazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA