Il ruolo della scuola nella rinascita del ‘Sud del Sud’

“…Si comincia dalla scuola, Gratteri ricorda che un suo compagno di giochi è stato arrestato con 800 chili di cocaina. Succede ancora, nella stessa classe incontri il figlio del carabiniere e quello del 41 bis: ma sono meravigliose le insegnanti e sono meravigliosi bambini che continuano a giocare insieme…Viene in mente quella frase di Gesualdo Bufalino: “le mafie verranno sconfitte da un esercito di maestre elementari”. Scrive così, nel suo libro “A sud del Sud”, Giuseppe Smorto, ex vice direttore di Repubblica: un libro che racconta la Calabria, regione data per perduta nell’immaginario del paese. “Ma il suo problema – scrive Smorto – è anche quello di non sapersi raccontare, di essere raccontata male, di non essere raccontata per niente. Perché la Calabria è fatta anche di mille storie positive, di realtà resistenti che la cronaca nera spesso oscura”. 

“A sud del Sud” racconta luci e ombre di una regione che perde ventimila cittadini l’anno (dati Svimez), fanalino di cosa in quasi tutte le classifiche italiane: penultima in Italia nelle diagnosi sui disturbi dell’apprendimento, 175esima in Europa per infrastrutture, ultima per i programmi di screening per i tumori femminili. Le famiglie senza pc sono il 46% (contro la media italiana del 33,8%), Crotone è l’ultima città per qualità della vita, al 107esimo posto (secondo Il Sole 24 Ore) e per tasso di occupazione. Ma è anche la regione dove un campo su tre è bio: 208  mila ettari per un totale del 36,4 per cento del territorio coltivabile (l’Emilia, secondo Coldiretti) è al 15,4%. E dove vivono persone capaci di resilienza, capaci di farcela nonostante tutto: un esempio per i giovani, per ridare loro fiducia. Ed è per questo che il libro sta girando molto nelle scuole: è uno strumento per aiutare i ragazzi a  leggere e  capire il territorio e le opportunità che, nonostante tutto, può offrire, come dimostrano le storie di chi in Calabria ce l’ha fatta a realizzare i propri sogni. Storia dopo storia, è un affresco a pennellate ampie ma precise, ariose nonostante la densità del contenuto, senza mai indugiare in dettagli che farebbero perdere la speranza: un quadro importante per i ragazzi perché non ci si può orientare negli studi e nel lavoro senza avere una chiara cognizione del contesto in cui si andrà ad operare. 

Là dove è mancato lo Stato, dove le cosche hanno comandato a lungo, è nata una generazione dell’impegno e del coraggio: coraggio è aprire un ristorante, coltivare un terreno confiscato, organizzare un mondiale di vela o un festival sulla spiaggia. Sono forme di ribellione cresciute sottovoce, lontane da stereotipi e da una politica miope e indifferente, se non corrotta e collusa con la ‘ndrangheta. Scrive Smorto: “L’unica strada, lo dice Nasone come lo diceva don Italo, è lavorare sui giovani, garantire le scuole,  aprire un centro di aggregazione accanto a ogni caserma, restituire vivibilità e territori, impedire che la ‘ndrangheta sia l’unica autorità riconosciuta”. Il don Italo di cui parla l’autore è don Italo Calabrò, “un prete dei poveri fondatore della comunità Agape che convinse l’arcivescovo di Reggio, Giovanni Ferro, a usare per la prima volta la parola mafia nel 1975. E’ lui a dire ai parroci di ribellarsi ai tempi dei danneggiamenti contro otto chiese…”  

Il motore deve essere il capitale umano. I comportamenti personali, l’impegno contro le violazioni ambientali, i giovani professionisti che tornano a casa, come accaduto con “il fenomeno del South working nato in pandemia: giovani professionisti che hanno scelto di tornare al sud, mantenendo un rapporto da remoto con l’azienda. Meno spese, miglior qualità della vita. Pensate quanto possa pesare, in una cittadina, il ritorno a casa di cinquanta laureati, qualcuno si è anche presentato alle elezioni”. 

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