Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Il problema della misurazione della creatività nei test

I test Invalsi, l’istituto per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, cui è chiesto di portare a compimento l’attività di valutazione delle scuole di ogni ordine e grado, non misurano “le abilità non cognitive“, vale a dire “la capacità di cooperare con gli altri, la creatività, l’invenzione di un ragazzo, che sono invece molto utili nella ricerca di un lavoro“. Lo dice in un’intervista al ‘Sole 24Ore’ Daniele Checchi, ordinario di economia dell’Istruzione alla Statale di Milano, che sottolinea come sia difficile individuare “con dati grezzi” le scuole migliori.

I test, qualunque sia la loro natura – spiega Checchi – misurano una sola dimensione: gli apprendimenti curriculari, come Invalsi, o le competenze per la vita, come Ocse-Pisa. Non misurano le abilità non cognitive, come la creatività. E soprattutto non tengono conto dei fattori esterni alla scuola. E’ chiaro che se il ragazzo proviene da una famiglia più socializzata, i risultati delle prove ne risentono positivamente“.

Bisogna partire da una considerazione – sottolinea Checchi – Gli insegnanti non sono tutti uguali. E non lo sono neanche i compagni di classe. E si tratta, in entrambi i casi, di dimensioni non facilmente valutabili. In più: questa diversità diventa sempre più rilevante quanto più si sale ordine di scuola. Per esempio, alla primaria i genitori tendono a cercare un maestro di riferimento per i propri figli. Nella secondaria invece si punta più sulla preparazione dell’insegnante. Sotto questo aspetto quindi ha più senso pubblicare i voti Invalsi solo nella scuola secondaria“.

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