Il crocifisso che divide

Almeno una volta nel corso del suo mandato il ministro di turno dell’istruzione deve fare i conti con la questione del Crocifisso esposto nelle aule. È toccato questa volta al ministro Moratti ribadire con convinzione la legittimità di quella presenza nelle aule delle scuole, impegnandosi a garantirne la ricollocazione dove la desuetudine lo ha da tempo fatto sparire. Ne è scaturito, come di consueto, un fuoco di polemiche destinate forse a spegnersi nel giro di una settimana, ma che questa volta destano preoccupazione per i toni aspri e “ideologici” che esse hanno assunto.
La norma in questione è del 1924, quando il regio decreto n. 965 dispose all’art. 118 che “ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re.”
Sulla validità attuale di quelle norme si è pronunciato il 27 aprile 1988, con sentenza n. 63, il Consiglio di Stato che ha affermato: “Le norme dell’art. 118 r.d. 30 aprile 1924 n. 965 e l’all. C al r.d. 26 aprile 1928 n. 1297 che prevedono l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche non possono essere considerate implicitamente abrogate dalla nuova regolamentazione concordataria sull’insegnamento della religione cattolica”. Presenza del Crocifisso legale e dovuta, dunque.
Ma è triste che una questione così delicata venga affrontata in chiave giuridico-formale, ricorrendo ad una vecchia norma, anziché con quello spirito di dialogo, di tolleranza e di rispetto per le diverse individualità e culture di cui pure il Crocifisso è simbolo.