Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

I due volti di una scuola che non va

Questa settimana i due giornali italiani più importanti, il “Corriere della sera” e “La Repubblica” hanno parlato di insegnanti. Ma non dei docenti come categoria, o in rapporto al merito, o ai magri stipendi. Ma di insegnanti veri, e delle loro storie.

Lunedì 26 maggio il caustico articolo di Gian Antonio Stella, Dieci insegnanti e un supplente e un supplente per zero studenti. L’autore (con Sergio Rizzo) de “La casta” e del nuovo bestseller “La deriva” racconta il caso dei corsi serali all’istituto tecnico aziendale “Antonio Pacinotti” di Mestre. Li frequentano per lo più stranieri, molti dei quali abbandonano i corsi, per quanto motivati dal desiderio di migliorare la loro condizione. E’ infatti difficile avere la costanza di presentarsi in classe “dopo aver cominciato a faticare nei cantieri o nelle fabbriche nelle prime ore dell’alba”.

Al Pacinotti la prima A serale è così passata dai 18 allievi di settembre allo “zero carbonella” di fine febbraio, con tutti gli insegnanti regolarmente in servizio e retribuiti. Una di questi ad un certo punto è andata in maternità, e la direzione scolastica non ha pensato un momento a sostituirla con un supplente, sebbene la classe non fosse più frequentata da nessuno!

Questo esempio, unito ad altri di supplenze di insegnanti incinte sostituite da altre insegnanti incinte (a Latina), e di sistemi cervellotici per retribuire 5 insegnanti, alcuni dei quali “spezzonisti” (cioè supplenti per spezzoni di orario), per un solo posto di lavoro (sempre a Mestre), rende lecita la domanda: “qual è l’obiettivo della scuola? Essere al servizio dei cittadini (cioè degli studenti e dei genitori che su di loro hanno investito) o distribuire posti di lavoro, a volte superflui, se non addirittura insensati?”

Martedì 27 maggio Marina Cavalleri su “La Repubblica” ha raccontato un’altra storia di ordinaria burocrazia nell’articolo “Caro ministro non mandi in pensione la nostra maestra”. Ne sono protagonisti la maestra Gisella Donati e i bambini della quarta (elementare) A della scuola Piaget di Roma.

Gisella è una brava maestra, che insegna bene, compierà 70 anni a giugno, e il prossimo anno deve andare in pensione, anche se non le dispiacerebbe continuare.

A dire queste cose di Gisella sono stati i bambini cui lei insegna, in una lettera del 23 maggio all’“Egregio Ministro della Pubblica Istruzione”. Loro vorrebbero che la loro maestra restasse un altr’anno (“perché quando insegna non è vecchia”), fino alla quinta, per terminare il ciclo, anche perché l’insegnante di matematica loro l’hanno cambiata ogni anno. I bambini scrivono che è “una persona che insegna bene e ci fa divertire. Abbiamo capito in questi anni che lei adora i bambini e ci tratta come figli: lo ha sempre fatto e sempre lo farà”.

I bambini, loro non la capiscono la burocrazia (“Le stiamo chiedendo un favore anche perché per un anno la maestra non dà fastidio a nessuno e noi siamo tranquilli”) e ringraziano il ministro scusandosi per averle scritto la lettera.

La realtà è che i bambini non potranno che essere scontentati nelle loro richieste, ma troppo spesso resta il dubbio, forse formulabile in maniera meno radicale rispetto a quanto scritto da Stella, che la nostra scuola tenda a preoccuparsi più di chi ne viene retribuito che di chi ne riceve istruzione e formazione.

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