Graduatorie ad esaurimento/2: la ricostruzione di una storia infinita

La Cisl-scuola, dopo aver ritenuta paradossale e kafkiana la vicenda del tentativo di ritorno in auge degli inserimenti a pettine nelle graduatorie dei precari, cancellati dalla legge e caparbiamente impugnati nuovamente davanti al Tar, ricostruisce i punti salienti di questa storia-infinita che dovrebbe essere stata archiviata da tempo.  

La trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie “ad esaurimento” (legge finanziaria 2007), ricorda in un comunicato la Cisl-scuola, era “legata all’impegno di favorire lo “svuotamento” delle graduatorie avviando un piano straordinario di 150.000 assunzioni; si accompagnava in origine ad una previsione di vero e proprio congelamento delle graduatorie stesse, senza prevedere nessuna ulteriore opportunità di aggiornamento”.

A seguito delle pressioni sindacali restò, invece, la possibilità di un aggiornamento biennale, escludendo “la possibilità di cambiare provincia di inclusione, se non attraverso un inserimento cosiddetto “in coda“. Una regola posta allora in termini molto chiari – precisa la Cisl – rispondente a requisiti di ragionevole equilibrio tra esigenze diverse e che trova il suo fondamento nella necessità di salvaguardare chi, giustamente, chiede di non veder rimesse in discussione, ogni due anni, le proprie legittime aspettative, dovendo già scontare i tempi lunghi in cui si consuma l’attesa di vedere stabilizzato il proprio rapporto di lavoro“.

Va sottolineato questo passaggio della dichiarazione della Cisl-scuola, quando parla degli altri precari già iscritti in graduatoria. Degli altri iscritti (almeno 200 mila precari), quando il contenzioso degli inserimenti a pettine era al massimo, si dimenticarono in tanti (stampa nazionale e rappresentanti politici), preferendo prestare attenzione ai ricorrenti che si presentavano come vittime del sopruso ministeriale che li aveva accodati.

La Cisl-scuola conclude affermando che la pretesa di un inserimento “a pettine” alimenterebbe divisioni, incertezze e conflittualità laceranti all’interno del variegato e purtroppo esteso mondo del lavoro precario. E aggiunge un giudizio pesante: “un sindacato degno del nome deve fare di tutto per scongiurare esiti del genere: chi viceversa con la sua azione deliberatamente se ne fa promotore, abbia almeno il pudore di non fregiarsi di un titolo che non merita”.