Gli anticipi sono ‘un errore’, ecco perché

“La questione non è tanto quella dell’anticipo, che è una possibilità e non un obbligo, ma la risposta alla domanda ‘perché mettere mano alla scuola d’infanzia oggi’? E la risposta è semplice: non ce n’è bisogno”. La professoressa Clotilde Pontecorvo dell’Università La Sapienza di Roma ha stroncato molte delle innovazioni proposte dalla legge di riforma della scuola appena entrata in vigore, intervenendo all’incontro sul tema “La Riforma nella scuola dell’infanzia: a scuola prima, perché, come?”, promosso dal Comune di Modena.

Ma quali sarebbero i principali problemi psico-pedagogici connessi all’inserimento di bambini con una differenza di età che può arrivare fino ai sedici mesi? Dopo aver puntualizzato che “la scuola d’infanzia italiana ce la invidiano in tutto il mondo e che né negli USA, né negli stati europei esiste una sistema di supporto allo sviluppo infantile come il nostro”,
la professoressa Pontecorvo ha motivato la sua contrarietà all’ingresso anticipato con una serie di argomentazioni:

1) Non ci sono “tesi scientifiche o richieste sociali che giustifichino l’ingresso anticipato nella scuola d’infanzia dei bambini più piccoli”. Secondo Pontecorvo il vero motivo dell’anticipo è nel fatto di “consentire l’uscita anticipata a 18 anni come negli altri stati europei, ma questa non è una buona ragione dal punto di vista psico-pedagogico”.
2) “I bambini di due anni e mezzo non hanno raggiunto in genere le tappe fisiologiche fondamentali quali il controllo degli sfinteri, o psicologiche quali la maturità dai genitori. Hanno problemi di dipendenza emotiva”.
3) “Non è sicuro – ha sostenuto la Pontecorvo – che i genitori possano essere le persone più adatte a prendere le decisioni relative all’inserimento anticipato o meno perché vedono solo il loro bambino e si sono limitati a orecchiare il senso comune in base al quale i bambini di oggi sono più maturi, precoci rispetto a quelli di un tempo”.
4) “La precocità non è un valore: nel mondo animale le più precoci sono le galline. E’ importante che i bambini siano tali per lungo tempo e sempre per lungo tempo siano accolti come tali”.

Un’altra grave mancanza della riforma sarebbe la mancanza di riferimenti agli Ordinamenti del 1991: “le Indicazioni riducono i campi degli ordinamenti a quattro e ne invertono l’ordine alterandone il senso evolutivo, salvo ripristinarli tutti e sei nel dovuto ordine nelle raccomandazioni”.

La professoressa Pontecorvo ha quindi bollato la parte della riforma relativa alla scuola elementare come “un trattarello di psicologia e pedagogia infantile poco scientifico”, rigettando l’idea di “pedagogia di stato” che esprimerebbe.
La studiosa se la prende in particolar modo con la parte relativa allo sviluppo espressivo, perché imporrebbe come unico modello di sviluppo quello rappresentativo, tralasciando ad esempio quello decorativo proprio della cultura dei paesi arabi o quello basato sull’imitazione peculiare ai bambini cinesi. “La parola interculturale nella riforma non appare per niente” ha concluso a questo proposito.