Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Giubbotti di sabbia per bimbi iperattivi: alleggerire e non appesantire

In Germania, la notizia è ormai di dominio pubblico, hanno trovato uno strumento che sembra possa aiutare i bambini con iperattività a stare meglio: parliamo di un giubbotto riempito di sabbia, con un peso variabile dal chilo e mezzo fino ai sei, che avrebbe il “pregio” di aiutare gli alunni  con autismo o iperattività a stare più tranquilli e, di conseguenza, a vivere meglio le ore scolastiche.

Disponibile in vari colori e modelli, ricorda un po’ le giacche di piuma d’oca, solo che al posto del caldo rivestimento, queste giacche hanno una funzione di rilassamento, grazie alla pressione che la sabbia esercita sul corpo del bambino.

Navigando sul web mi accorgo che sono soprattutto alcuni genitori a difendere questa scelta, considerando gli effetti benefici in termini di rilassamento e maggiore serenità dei loro piccoli.

Sempre on line, scopro che esiste un vero e proprio mercato a riguardo: sul sito www.nationalautismresources.com, consigliato da una mamma convinta sostenitrice della bontà di questo strumento,  è possibile trovare un vasto repertorio di cuscini, coperte, copri spalle e giacche di vari colori e tinte. Un vero e proprio supermercato della sabbia, con prodotti che variano dai circa 9 dollari per un pratico copri spalle, per arrivare ai circa 160 per una comoda coperta con rivestimento lavabile.

La reazione di molti docenti, d’istinto, è stata di stupore e incredulità: possibile che la soluzione alle difficoltà di apprendimento causate da autismo e ADHD (che poi sono situazioni molto diverse e non capisco perché vadano messe insieme) sia una giacca, o una coperta, riempita di sabbia? La scuola italiana, per prima nel mondo e spesso senza avere adeguati supporti, ha promosso un percorso di integrazione scolastica che ha aperto le porte a tutti gli alunni con disabilità, a prescindere dal livello di compromissione e di funzionamento, da oltre quarant’anni. Molto diversa è la situazione nel mondo anglosassone o nella scuola tedesca, dove rimane ancora molto forte il sistema di scuole speciali, riservate esclusivamente ad alunni con disabilità.

Sono soprattutto i docenti che da più anni lavorano per l’inclusione (sia docenti di sostegno, che assegnati alla classe) a sostenere che ci sia bisogno di una profonda riflessione sull’organizzazione didattica per promuovere il benessere di tutti gli alunni e che non basti un singolo gadget per risolvere tutti i problemi.

Di fatto il problema esiste: come fare per accogliere nel migliore dei modi gli alunni con iperattività? Come accogliere le nuove e le vecchie fragilità? Come sostiene Fiorin* è forse questa la sfida più impegnativa della scuola italiana: accostare ad un alto livello di accoglienza, un medesimo standard di competenza.

Per far questo la scuola ha bisogno di rivedere profondamente la didattica: alla lezione frontale sarebbe forse auspicabile affiancare (non sostituire) approcci cooperativi, alla valutazione sommativa (ancora largamente presente soprattutto nella scuola del secondo ciclo) una dimensione formativa, alla trasmissione delle conoscenze, la costruzione e lo sviluppo delle competenze. Come è facile capire è una sfida a tuttotondo: non concentrarsi solo sul limite e sulla disabilità, ma avere uno sguardo più completo sull’intero universo scolastico, così come successe con la famosa legge 517 del 1977, che, oltre ad introdurre l’integrazione scolastica, rivide la valutazione (passando dal voto al giudizio) e la stessa organizzazione didattica (suggerendo di lavorare per classi aperte e sottolineando che non bisognava necessariamente raggiungere obiettivi comuni per stare nella stessa classe).

Sappiamo che i nostri alunni sono tutti diversi, e questa, oltre ad essere una grande difficoltà, è forse anche la sfida più appassionante per ogni educatore. Forse per qualcuno il contatto con la sabbia potrà essere d’aiuto, per altri no. Temiamo chi propone “metodi” uguali per tutti, soprattutto in ottica inclusiva.

Verrebbe da dire che per migliore la qualità di vita degli studenti con ADHD (e non solo), più che appesantire, si dovrebbe alleggerire.

Alleggerire il carico di lavoro per i docenti e per gli studenti, diminuire  il numero di ragazzi per classe. Queste attenzioni però richiedono tempo e fatica, e spesso nessuno dispone né dell’uno, né dell’altra. Sicuri però, che sia meglio una giacca riempita di sabbia?

*Fiorin I., La sfida dell’insegnamento, Mondadori, Milano, 2017

 

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