
Financial Times: con l’IA non servono più apprendisti

Il “legame lavorativo tra esperti e studenti, (che) è stato il fondamento del trasferimento di competenze e ingegno dell’umanità per millenni”, potrebbe non sopravvivere all’avvento dell’era dell’intelligenza artificiale.
Lo sostiene Sarah O’Connor, editorialista del FT in materia di mercato del lavoro, in un ampio servizio pubblicato il 25 marzo 2025, secondo la quale quanto affermato ancora l’anno scorso da autorevoli studiosi come l’accademico Matt Beane nel volume The Skill Code, possa presto essere messo in discussione.
Ora i compiti per cui l’IA generativa sembra più adatta sono anche quelli che molti tirocinanti impiegati tendono a svolgere. I ricercatori della Brookings Institution analizzando i dati di OpenAI, hanno scoperto per esempio che la percentuale di attività ad alto rischio di automazione è cinque volte più alta per un analista di ricerche di mercato rispetto a un responsabile marketing. Egualmente, è tre volte più alta per un rappresentante di vendita rispetto a un responsabile vendite, e più del doppio per un grafico rispetto a un direttore artistico.
Le banche d’investimento stanno già riflettendo se in futuro avranno bisogno di assumere tanti analisti junior come avvenuto finora. Così gli avvocati senior per gli avvocati junior, che i clienti non vogliono più pagare perché pensano che l’IA possa fare il lavoro al loro posto. Nel suo libro Beane sostiene che acquisire padronanza in qualsiasi professione richiede tuttora sfida, complessità e connessione, ma avverte che “i principianti (i “novices”, tirocinanti, apprendisti) stanno diventando collaboratori sempre più facoltativi e distanti nei compiti quotidiani di un esperto”. Lo stesso avviene negli ospedali dove la chirurgia robotica riduce le opportunità per i chirurghi junior di essere coinvolti.
Ciò potrebbe richiedere modifiche ad alcuni modelli aziendali. Gli studi legali potrebbero dover dire addio alle ore fatturabili, ad esempio. È bene, da una parte, che vengano meno “certe forme di nonnismo professionale” che costringevano i novices a lunghe ore di attività noiose e ripetitive, ma è vero anche che molte aziende potrebbero smettere di assumere junior pur di ottenere facili guadagni di produttività.
Le implicazioni di questo per la mobilità sociale, già non eccezionale in molte professioni, sono prevedibili. “Ma nessuno sa davvero in realtà come andrà, e chiunque affermi di saperlo probabilmente ha qualcosa da venderti”, afferma l’editorialista, e ciò che la tecnologia sarà o non sarà capace di fare è solo una parte della questione. “L’altra parte è che cosa le aziende scelgono di farne”, soprattutto quelle con il più elevato potere trasformativo del lavoro impiegatizio. Il consiglio che Sarah O’Connor si sente di rivolgere ai top manager di queste aziende è di valutare bene i criteri con cui scegliere se e come far avanzare le persone nella carriera. “Se sei sul gradino più alto e vuoi guardare avanti, la cosa migliore che puoi fare è guardare in basso”, conclude.
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