Emergenza scuola: la didattica a distanza è davvero didattica?

*Di Teresa Madeo

La scuola è solo scuola in presenza” o “La didattica a distanza non è didattica”? Non possiamo continuare a nasconderci unicamente dietro l’emergenza della situazione, perché, se è vero che la didattica a distanza “sostitutiva” è una modalità innaturale di lavoro per la scuola, è anche vero che la componente di improvvisazione, di assenza di previsione, di programmazione che ci poteva essere stata nelle prime fasi nel primo lockdown, ormai dovrebbe essere superata. Di fronte ad una situazione inedita, che ha cambiato le vite di tutti con l’isolamento sociale, la scuola si è ritrovata a dover necessariamente riconfigurare le proprie pratiche didattiche on-line.

Non tutte le istituzioni scolastiche hanno risposto allo stesso modo e con la stessa tempestività: molto è dipeso sia da una mancanza di linee guida nazionali, sia dai singoli Dirigenti Scolastici. Quello che possiamo affermare, è che sicuramente tutte le scuole hanno fatto il possibile per avviare la Didattica a Distanza, procedere quindi con la Didattica Integrata, in modo da assicurare la continuità, anche se necessariamente un po’ virtuale.

È stato importante, in una prima fase, un lavoro di ricognizione delle risorse e dei materiali disponibili da parte della scuola, che si è attivata in tempi relativamente brevi, grazie al fondo governativo per l’acquisto di tablet e pc per gli studenti più svantaggiati su questo fronte.

La DaD è partita, dunque, abbastanza celermente e in forme diverse – nonostante la grave situazione emergenziale – rispettando la libertà di insegnamento di ciascun docente, ma non dimenticando sicuramente non solo l’assegnazione di compiti e lezioni, ma la restituzione sotto forma di correzione scritta e/o orale (feedback) con i mezzi virtuali a propria disposizione. 

L’esperienza che stiamo vivendo, in particolare in qualità di docenti, ha incentivato la riflessione su una serie di questioni che riguardano la capacità di costruire, mantenere e rafforzare relazioni nell’organizzazione scolastica, configurandola come “comunità di pratica”.

La distanza imposta dall’isolamento sociale, ci ha portato a riconfigurare le nostre pratiche lavorative, oltre che didattiche. Tutto è cambiato nel giro di pochi giorni: le aule sono diventate virtuali, le lezioni, le voci degli studenti, i libri e i compiti pure: uno stravolgimento completo, che ha trasformato la realtà in realtà virtuale e aumentata.

Gli insegnanti, le componenti della scuola, quindi, hanno cercato di sopperire alle gravi mancanze indotte dalla distanza, utilizzando la tecnologia attualmente disponibile, frequentando corsi di formazione attivati dalle scuole e non, al fine di implementare le proprie conoscenze e competenze di progettazione della DaD. La didattica a distanza di emergenza, che certo ha avuto forme non ottimali sia per il fatto di dover essere spesso sostitutiva e non integrativa, sia per il fatto di essere spesso non progettata, tuttavia è stata, in Italia e nel resto del mondo, lo strumento per continuare un dialogo didattico che altrimenti sarebbe stato completamente interrotto.

Se in futuro la didattica a distanza verrà utilizzata non più in forma in emergenziale, ma in forma progettata, consapevole e integrativa, potrà rivelarsi uno strumento prezioso per migliorare la qualità complessiva della nostra offerta didattica e formativa. 

Siamo prossimi alle vacanze di Pasqua e verso la fine di una prima parte di un altro anno scolastico che certo è stata molto faticosa, in cui si è dovuto lavorare in bilico tra didattica a distanza e didattica integrata.

In tale contesto si è ripresentato un tema già molto discusso durante il primo lockdown: la didattica a distanza è veramente didattica? 

Dovremmo esserci abituati alle caratteristiche e anche ai limiti degli strumenti che utilizziamo ma anche alle loro potenzialità, e cominciare a progettare in modo più efficace la didattica on-line; purtroppo, in molti casi ancora non è così.

La didattica digitale è didattica, ma è diversa da quella tradizionale in presenza: il tentativo di ripetere a distanza le stesse forme, gli stessi riti, gli stessi modelli di interazione didattica e formativa che utilizziamo in presenza, è sbagliato.

Altro punto importate riguarda il fatto che oggi la didattica digitale in alcune situazioni non è inclusiva: c’è una difficoltà nel far partecipare al lavoro on-line studentesse e studenti che non abbiano attrezzature adeguate, che non abbiano banda sufficiente, che magari lavorino da case affollate con fratelli, sorelle che devono anche loro collegarsi, genitori che devono in certi casi lavorare in smart working.
Alcuni di questi limiti sono legati all’emergenza, altri sono strutturali, ma sono dei limiti, delle forme di esclusione che devono e possono essere superate.

Questo nuovo contesto globale che ci ha costretto a modificare radicalmente la nostra didattica, nella scuola ha naturalmente avuto effetti su tutte le componenti del processo di insegnamento-apprendimento, modificandole profondamente e costringendo così ogni insegnante a rivedere in chiave funzionalistica e digitale tutto il suo percorso progettato a inizio anno per gli alunni. Sono cambiate le situazioni, gli strumenti e, anche se gli attori sono bene o male rimasti gli stessi, la relazione è profondamente mutata. Bisogna essere consapevoli del fatto che la scuola non sarà probabilmente mai più quella di prima. Questo potrebbe anche, sotto certi aspetti, rivelarsi un bene: abbiamo l’opportunità di approfittare del momento di isolamento forzato per imparare dagli errori fatti ed elaborare piani migliorativi per il futuro, opportunità non solo “in teoria”, ma anche e soprattutto “in pratica”. Mettiamoci a lavorare adesso, insieme – istituzioni nazionali e locali, sindacati dei lavoratori e associazioni, chiunque sia disponibile ad un contributo, per ricostruire la scuola del futuro.

Approfittiamo una volta per tutte di questo pur difficile momento di transizione e diamo alla scuola il valore centrale che essa merita; poniamo finalmente in atto strategie a lungo termine e non le solite “toppe” che non fanno altro che aumentare disagio e problemi), rendiamo gli spazi più sicuri ed adeguati per un apprendimento sereno.

Ribadiamo la necessità, per garantire agli studenti il pieno godimento del loro diritto all’istruzione, indipendentemente dalle loro condizioni socioeconomiche e familiari, il pieno accesso agli strumenti che rendono possibile la creazione di un ambiente di apprendimento virtuale alternativo a quello in presenza, che rimane il migliore contesto per la piena espressione della relazione educativa. L’accesso agli strumenti tecnici e culturali è inoltre basilare per i docenti, per la salvaguardia della libertà di insegnamento e della possibilità̀ di un insegnamento e di un apprendimento efficaci, e per il personale ATA, a cui compete il delicato compito, anche a distanza, di salvaguardare il contesto in cui la didattica si esprime e si dipana. Per dare corpo, anche a distanza, alla comunità educante, tutti gli abitanti della scuola devono essere tutelati nella loro professionalità.

Con la DAD e lo smart working, ad esempio, tanto i docenti quanto il personale ATA hanno progressivamente perduto il diritto alla disconnessione. Mancando un setting lavorativo ben definito (il nostro monte ore settimanale) il docente si trova a vivere una dimensione simbiotica con il pc, con un susseguirsi di video-lezioni, di compiti da correggere, di chat d’istituto sulle più svariate piattaforme di e-learnig. Lo stesso vale per gli amministrativi costantemente a disposizione.

Inoltre i costi che la didattica a distanza e lo smart working comportano, tra ADSL, software, antivirus, sono ricaduti interamente sui docenti e sul personale ATA, che oltre al costo psicofisico della situazione, si ritrovano a sostenere anche oneri di natura economica.

L’emergenza COVID ha aperto dunque un nuovo fronte di discussione e dibattito, su cui la contrattazione sindacale, a tutti i livelli, dovrà intervenire. Il contratto dei dipendenti della scuola, in prospettiva, dovrà̀ recepire questi cambiamenti e modellare nuove opportunità e tutele, a partire dalla voce dei lavoratori che, in questa inedita situazione, in questa fase storica che ci ha segnati profondamente, hanno dispiegato la loro professionalità e la loro etica per la sopravvivenza delle rete sociale e culturale che l’educazione incarna.

Scuola online non equivale a scuola in presenza, certo. Ed ovviamente non riavremo mai, in modalità “online”, qualcosa che possa avvicinarsi a ciò che la scuola solitamente è: la scuola “a distanza”, pur preziosa di questi tempi, non sarà mai la scuola in presenza. Questo è bene ribadirlo con forza. È un “surrogato” che stiamo cercando di utilizzare al massimo delle sue potenzialità, coscienti delle necessarie, fondamentali competenze e della costante mediazione a noi richiesti, volendo cogliere le opportunità̀ di crescita che in esso risiedono.

Continueremo ad usare i mezzi digitali, al nostro rientro a scuola, certo, e probabilmente ne sapremo fare un migliore, più consapevole utilizzo. Un utilizzo mediato, più̀ ragionato e finalizzato all’inclusione.

Tuttavia, se un messaggio possiamo trarre da questo momento così delicato nella vita di tutti così complesso nell’esercizio della nostra professionalità̀ è quello che “tecnologia è importante, ma non è tutto. Occorre innanzitutto ricostruire la relazione del quotidiano.

*Professoressa IIS CELLINI FI, Docente utilizzata su progetti Nazionali presso USR Toscana