Elezioni/1. In caso di pareggio la scuola vince o perde?

I principali schieramenti politici si vanno assestando in vista delle elezioni, e tra le ipotesi affacciatesi negli ultimi giorni c’è anche quella di un sostanziale pareggio, cioè di un esito delle elezioni, soprattutto al Senato, che riprodurrebbe le difficoltà già incontrate da Romano Prodi nella legislatura che si sta concludendo.

A un esito di questo genere, per evitare l’avvitamento della crisi in una successione di governi deboli e ricattabili, si potrebbe porre rimedio, secondo alcuni, con un governo di “larghe intese”, fondato cioè su una larga maggioranza, con la partecipazione dei due principali soggetti politici in campo, il PD e il PDL.

L’ipotesi non è del tutto teorica, perché è stata prima ventilata e poi smentita da Silvio Berlusconi, e viene prospettata, per condannarla, dalla sinistra “Arcobaleno”, che ne fa uno dei principali cavalli di battaglia della sua campagna elettorale contro i due partiti maggiori.

Ma quale sarebbe il destino della scuola, della politica scolastica, nello scenario delle larghe intese? C’è da ritenere che il quadro politico sarebbe dominato dalla ricerca prioritaria di accordi su nuove regole (elettorali e costituzionali), volte ad aumentare la governabilità delle istituzioni, cui si aggiungerebbe, probabilmente, qualche forma di accordo sul governo dell’economia, necessitato dalla situazione dei conti del Paese e dalle pressioni internazionali. Per la scuola, se questo dovesse essere lo scenario, e considerate le posizioni oggettivamente distanti che separano attualmente il PD e il PDL, il rischio sarebbe quello del rinvio delle decisioni più importanti. Il che, per la scuola, che di tali decisioni ha bisogno, significherebbe perdere.