Elezioni europee/2. L’Europa conta?

Eppure non sarebbero mancate le ragioni per parlare di scuola in un’ottica europea (se non, per certi aspetti, planetaria, com’è quella in cui si muove l’OCSE con le sue ricerche comparative sui livelli di apprendimento e sullo sviluppo dei sistemi formativi).

Ma per ragioni diverse sia la maggioranza che sostiene il governo sia i partiti dell’opposizione (con una parziale eccezione per quelli dell’estrema sinistra) hanno preferito non occuparsi del tema. Forse perché entrambi gli schieramenti hanno avuto responsabilità di governo negli ultimi 15 anni, durante i quali la qualità della scuola italiana non è migliorata, ed ha anzi peggiorato le sue performances nei confronti internazionali.

Le risorse finanziarie messe a disposizione dall’UE, attraverso il Fondo Sociale Europeo e altre misure, a sostegno dei sistemi formativi e occupazionali delle regioni italiane in ritardo di sviluppo sono state utilizzate solo parzialmente e spesso male, e anche quelle affidate al Ministero della pubblica istruzione, pur impiegate in modo più organico e controllato, non hanno dato risultati all’altezza delle aspettative, come mostrano i dati sulla dispersione e quelli delle ricerche internazionali, che segnalano il perdurante ritardo delle scuole del nostro Mezzogiorno.

A livello europeo sono ormai numerose le indicazioni, rivolte agli Stati aderenti, in buona parte recepite anche in Italia sul piano normativo, volte a definire standard di riferimento omogenei, dal Quadro Europeo delle Qualifiche alle otto Competenze chiave per l’apprendimento permanente, dal CV europeo alla patente informatica europea (ECDL), ed è ora in arrivo una Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo per l’assunzione dell’EQARF (European Quality Assurance Reference Framework), come modello e metodologia europea di riferimento per il miglioramento continuo dei sistemi formativi nazionali.

Non si ha tuttavia l’impressione che esista in Italia una sufficiente tensione e attenzione verso questi modelli e standard di riferimento e, d’altra parte, l’Europa non ce li può imporre (i Trattati escludono qualsiasi forma di “armonizzazione legislativa” a livello europeo): la cosiddetta “dimensione europea” può essere costruita solo dal basso (bottom-up), e il nostro Paese è in ritardo, e non può consolarci il fatto che anche altri Paesi lo siano: in questo caso, mal comune significa danno doppio.