Educare alla relazione: come essere considerati buoni genitori nel XXI secolo

di Anna Maria De Luca

Il punto di vista psicoanalitico applicato alla scuola: Nicolò Terminio, psicoterapeuta e docente all’istituto di ricerca di psicoanalisi applicata di Milano e alla scuola di specializzazione Coirag di Torino, in “Educare alla relazione” (EDB ediz.) si chiede come si fa ad essere considerati dei buoni genitori nella società del ventunesimo secolo dove ciò che sembra orientare la progettualità di ciascuno è il criterio di performance e di affermazione di sé e il rapporto genitori – figli rischia di diventare un’ulteriore banco di prova per le proprie competenze personali e sociali. Il rischio, scrive Terminio, è quello di capovolgere la fisiologia della trasmissione intergenerazionale se i genitori dipendono dalla valutazione che figli fanno di loro. Ci si può così trovare di fronte a casi limite dove i genitori non riescono a dire no ai figli per paura di scontentarli: “in questi casi i genitori cercano nei figli una conferma per il proprio narcisismo abdicando al vero compito genitoriale:  la funzione virtuosa del limite e testimoniare l’apertura verso il desiderio”.

Si aprono qui due concetti importantissimi per chi si occupa di educazione: il concetto di funzione del limite e l’apertura al desiderio. Ogni percorso educativo deve mirare alla promozione delle esperienze virtuose del limite: “virtuosa perché costituisce il  presupposto per potersi avventurare nella scoperta di un desiderio inedito…testimoniare il desiderio  vuol dire riuscire a trasmettere ai propri figli l’esperienza di essere soddisfatti della propria vita: i momenti in cui i bambini fanno i capricci e gli adolescenti ci mettono in difficoltà sono l’occasione migliore per mostrare il nostro gusto di vivere con loro perché   una relazione educativa non è soltanto un esercizio fatto di sacrificio dove mettiamo da parte le nostre esigenze per sopportare quelle dei nostri figli. Se fosse così l’educazione sarebbe una mera riproposizione del sacrificio e non invece l’opportunità per sentirci pienamente realizzati mentre ci accostiamo al vissuto dei nostri figli. Il desiderio non è un momento extra rispetto alle situazioni di tensione, ma è la via principale che ci permette di attraversarle con lo spirito giusto per sentirci realizzati mentre ci sintonizziamo con la tensione dei nostri figli, mentre siamo lì per dare un ritmo diverso a quel vissuto emotivo”.

La crisi attuale del significato simbolico del padre, secondo Terminio, riguarda non solo la figura del padre ma ogni altra figura deputata a trasmettere il legame virtuoso tra legge e desiderio: ” il padre debole e  la madre che ironizza su questa debolezza  è ormai uno schema narrativo che va dai cartoni animati alla pubblicità, dai romanzi ai film, dalla concretezza della vita quotidiana alle astrazioni più sofisticate… ma un padre è in grado di trasmettere la funzione paterna soprattutto se la madre fa posto alla parola del padre”. Citando Recalcati che a sua volta richiama Lacan, Terminio ricorda che dal punto di vista della psicoanalisi la legge è un vincolo che introducendo un limite apre le possibilità del legame con l’altro. “All’università – scrive lo psicoterapeuta -alcuni ragazzi si bloccano perché non sanno fare il passaggio da un organizzazione delle proprie attività dal breve a lungo termine e solitamente raccontano di essere cresciuti in un contesto familiare dove nessuno   ha dato dei limiti intesi non come punizioni ma come vincoli nel modo di vivere il tempo”. 

L’accelerazione è un modo per riempire il tempo, per evitare di confrontarsi con un tempo apparentemente vuoto: “Non è difficile collegare le difficoltà nello studio di alcuni ragazzi con la cattiva abitudine appresa in famiglia di riempire ogni istante: l’accelerazione del tempo non permette di tollerare l’attesa che viene ridotta ad un vuoto da riempire”. I ritmi frenetici non sono l’unico elemento critico: lo è anche la mancata educazione dei figli nel conoscere la propria storia familiare, i giovani non vengono educati a conoscere la storia dei nonni, dei genitori, “non conoscono il loro essere agganciati una trama intergenerazionale, la loro storia familiare non sembra più strutturare la soggettività”, nonostante sia uno degli aspetti fondamentali per poter diventare soggetti di un’esperienza umana.

Altro passaggio interessante riguarda la tecnologia: “siamo ormai quasi tutti ostaggio dei dispositivi tecnologici …mentre ci sentiamo padroni dei contenuti mentali che cerchiamo o produciamo non ci accorgiamo che la forma e il ritmo con cui li trattiamo non sono più vincolati da un nostro ritmo interiore, ma da una accelerazione talmente alienante che ormai la sentiamo come una nostra seconda natura, alcuni la osannano come una possibilità evolutiva”. Il rischio è che venga a mancare la capacità mentale di vedere quello che ci sta succedendo come un frammento di un arco temporale più ampio.

La scuola rischia di diventare uno specchio della realtà sociale e virtuale dove “si trova a competere con una società dove il modello vincente è dato da un cervello Playboy capace di navigare tra diversi input e di diverse informazioni che necessariamente non possono che essere superficialiper cui, richiamando Recalcati, ribadisce il valore testimoniale dell’ora di lezione che si realizza “quando la lezione si apre al tempo dell’inconscio in cui quelle certezze dell’Io si indeboliscono e il desiderio dell’Altro si fa più evidente. In questo scenario, l’insegnante è chiamato a dare testimonianza del proprio amore per il sapere. Non si tratta di trasmettere semplicemente il sapere ma di portare il fuoco che accende il desiderio di sapere… Nell’ora di lezione il sapere non riempie il vuoto ma lo mantiene vivo come un’incompletezza che permette al sapere di essere aperto verso il nuovo. E’ la vocazione del maestro che attiva e contagia la vocazione degli allievi”. Ecco dunque che  l’ora di lezione è il possibile vento trasformativo per insegnanti e studenti che fa emergere la dimensione generativa della scuola. Una scuola che può così diventare un luogo di incontro con quel sapere che causa il desiderio di sapere”. 

Entra qui in gioco il concetto di transfert applicato da Recalcati in campo educativo per valorizzare l’ora di lezione come occasione trasformativa:  il maestro, come l’analista, cerca di attivare la ricerca di sapere dell’allievo. Ed  è questo il punto in comune tra la posizione analitica e quelle educativa:  in entrambi i casi non si considera il paziente o l’allievo come un oggetto del proprio intervento ma come soggetto attivamente impegnato nella trasformazione di sé e nell’apprendimento. “Da questo punto di vista, il desiderio dell’analista e quello dell’educatore è molto importante perché riguarda direttamente la responsabilità della conduzione della cura o dell’orientamento del percorso educativo. L’aspetto cruciale risiede nella capacità di dare testimonianza di un desiderio che spinge ciascuno a trovare il proprio desiderio cioè a elaborare la propria posizione singolare”.

Infine, per quanto riguarda l’educazione sessuale che ruota attorno al concetto di cittadinanza intima nella guida dell’organizzazione Mondiale della sanità, Terminio reputa fondamentale un modello educativo che affianchi alla sincronia delle mappe (pensiero paradigmatico) la diacronia delle storie (pensiero narrativo), due modi fondamentali di abitare il linguaggio per organizzare le esperienze: da un lato, le mappe ci permettono di costruire delle classificazioni dell’esperienza (aspetto nomotetico), dall’altro le storie ci aprono la strada per un confronto con ciò che non è classificabile e che si presenta come un esempio unico e singolare (aspetto idiografico) ma che tuttavia sempre racchiude un senso che ci tocca nell’intimo. Le storie non ci offrono solo l’occasione per immedesimarci in un’altra vita, ma ci danno anche l’accesso a un mistero, un passaggio esistenziale che resiste alle ipostatizzazioni delle mappe. Si tratta dello stesso passaggio esistenziale che troviamo nello snodo tra le generazioni o che torna alla ribalta in ogni dinamica relazionale e affettiva”.

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