Tuttoscuola: Non solo statale

Echi del referendum di Bologna

Non si placano le polemiche dopo l’esito del referendum di Bologna sul finanziamento comunale alle scuole paritarie. Come previsto da Tuttoscuola nella Newsletter della scorsa settimana, prima che fossero resi noti i risultati, la percentuale dei votanti avrebbe giocato un ruolo importante. Non tanto sotto il profilo giuridico (quel tipo di referendum è comunque consultivo) quanto dal punto di vista politico.

Se il tasso di partecipazione fosse stato elevato (almeno il doppio di quello registrato, che si è fermato al 28,7%) e l’esito fosse stato lo stesso (il 61% per la revoca del finanziamento, il 39% contro) le ripercussioni politiche sarebbero state importanti, essendosi schierato il Pd per il mantenimento del finanziamento con il sindaco Merola e la responsabile nazionale scuola Puglisi.

Con un’adesione inferiore al 29% è facile argomentare (anche se Prodi sostiene che l’esito del referendum andrebbe comunque rispettato) che il 71% dei bolognesi che non ha votato ha in pratica espresso un tacito consenso allo status quo.

Non ne sono affatto convinti i promotori del referendum, che parlano di “grande vittoria” e citano  a sostegno della loro tesi anche una recente sentenza della Corte dei Conti di Napoli che ha ritenuto legittima l’assunzione di 300 maestre da parte del Comune. Secondo loro questa sentenza fa cadere “le principali motivazioni” del ricorso a un sistema misto pubblico-privato.

Al di là delle polemiche contingenti (e di quelle che verranno, se ne può star certi) andrebbe comunque osservato che l’art 33, comma 3 della Costituzione (“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”) si riferisce alle scuole a frequenza obbligatoria che lo Stato è tenuto a istituire (comma 2: “La Repubblica istituisce scuole statali di ogni ordine e grado”), e non alla scuola dell’infanzia che non è obbligatoria. 

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