
Diventare insegnanti senza studiare: il mercato nascosto dei titoli scolastici. L’inchiesta di Fanpage

In un sistema educativo che dovrebbe premiare l’impegno e la competenza, c’è un mercato sotterraneo che mina le fondamenta della scuola italiana: quello delle certificazioni scolastiche acquistate, che permettono a chi ha i mezzi economici di scalare le graduatorie senza mai aver aperto un libro. A raccontare la rete di enti privati, sindacati e associazioni che offre pacchetti “chiavi in mano” per ottenere titoli e attestati senza passare attraverso un serio percorso formativo è un’inchiesta di Fanpage. Un fenomeno, come quello dei diplomifici portato alla luce da Tuttoscuola, che rischia di mettere in crisi la qualità dell’insegnamento e, soprattutto, di penalizzare chi studia con impegno.
Nel nostro Paese sappiamo che la via più tradizionale per entrare di ruolo è il concorso pubblico, che permette di ottenere un contratto a tempo indeterminato sulla base di punteggi ottenuti da prove scritte e orali, e dai titoli posseduti. La seconda via è quella delle Graduatorie Provinciali di Supplenza (Gps), che consente di ottenere contratti a tempo determinato, ma comunque necessari per iniziare a lavorare nel sistema scolastico. Per entrambe le strade, però, i titoli sono fondamentali. Una laurea specifica, certificazioni linguistiche, informatiche, master e altre qualifiche possono fare la differenza.
Eppure, l’inchiesta di Fanpage condotta dall’unità investigativa Backstair, ha dimostrato come non sia più necessario studiare per ottenere punteggi in graduatoria. Basta una telefonata, qualche centinaio di euro e la promessa di non fare troppe domande. I titoli si possono comprare, e anche con poco impegno. Quella che esce dall’inchiesta è quindi la fotografia di un sistema ben strutturato in cui alcuni sindacati ed enti privati offrono pacchetti che permettono di accumulare punti senza dover sostenere prove concrete. Così, con circa 3.600 euro, si potrebbero ottenere fino a 22 punti in graduatoria. Un punteggio che supera quello di chi ha investito anni nella preparazione accademica. Le modalità sono le stesse ovunque: registrazione, pagamento e il gioco è fatto. L’inchiesta di Fanpage.it ha documentato come, a volte, gli esami siano solo una formalità. Alcuni enti, infatti, suggeriscono persino di non preoccuparsi troppo dello studio, ma di concentrarsi piuttosto sul “comprare” il punteggio.
Non tutti gli enti coinvolti in questo circuito sono illegali. Tuttavia, molti sono accusati di aggirare la normativa che regola l’erogazione di certi titoli. Il Ministero dell’Istruzione ha escluso, ad esempio, le certificazioni Clil ottenute tramite scuole di mediazione linguistica, ritenendole non valide. Nonostante questo, alcuni docenti continuano a inserirle nelle graduatorie, consapevoli che, alla fine, nessuno controllerà davvero la qualità di questi corsi.
E’ facile capire come la questione non riguardi solo l’accesso alla professione di insegnante, ma anche la qualità dell’insegnamento che gli studenti riceveranno. In un contesto in cui i titoli sono più facili da comprare che da guadagnare, è evidente che non tutti i docenti sono preparati allo stesso modo. Le disparità di accesso alla professione stanno diventando sempre più marcate: chi può permetterselo compra il punteggio, mentre chi non ha risorse economiche adeguate rischia di restare fuori. Inoltre, il sistema sta diventando sempre più competitivo dal punto di vista economico. Chi non ha i soldi per investire in corsi e certificazioni si trova penalizzato, creando una discriminazione tra chi può permettersi di pagare per entrare nel sistema scolastico e chi invece deve accontentarsi di entrare in cattedra con il punteggio che riesce a guadagnare, spesso con fatica.
Guarda qui l’inchiesta di Fanpage
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