Tuttoscuola: Non solo statale

Disal: ‘Ripartire dalle scuole autonome e libere’

Si è svolto a Montecatini Terme dall’11 al 13 novembre Convegno nazionale di DiSAL sul tema “A chi appartiene la scuola? Dirigere istituzioni autonome di fronte alla sfida della regionalizzazione e dei futuri organi di governo“.

Al convegno hanno preo parte dirigenti scolastici, funzionari delle scuole statali e paritarie di ogni ordine e grado, docenti universitari, esperti del Ministero e dell’associazionismo professionale e sindacale.

Ecco la sintesi dei lavori elaborata dalla Disal.

1. A partire dal riconoscimento dell’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche del 1997, ed attraverso le modifiche costituzionali in essere o in discussione, si è intensificata in Parlamento, al Ministero, nelle sedi sindacali e associative, la ricerca di modalità efficaci di decentramento delle competenze e di nuove forme di governo della scuola. Si tratta di un dibattito europeo, ma che in Italia si interseca con l’attuazione del processo di riforma in atto.
Diversi interventi hanno tuttavia ricordato che il cammino della autonomia scolastica era già viziato all’origine dall’esclusione della riforma del reclutamento dei docenti e dirigenti statali, dalla assenza di un reale sistema pubblico integrato tra tutti i soggetti sociali dell’offerta formativa, statali o paritari e dalla mancanza di un pieno affidamento del bilancio agli istituti.

La stessa condizione della professione direttiva, statale e non statale, è risultata in questi anni deformata sia da quei vizi di origine, che da successivi provvedimenti o contratti confusi o contraddittori.

Il cammino dell’autonomia vive ora, specie con i vari provvedimenti di trasferimento di poteri e competenze ai poteri locali, serie difficoltà e contraddizioni, rilevate recentemente anche dalla Corte dei Conti.


2. Il convegno ha messo a fuoco i nodi attuali del dibattito. Quale decentramento e quale nuovo governo fa bene alla scuola? Quanto dei poteri centrali trasferire alla periferia e a chi? Cosa imparare da pluridecennali esperienze di autogoverno di molte valide scuole non statali? A chi appartiene la scuola autonoma? Chi la deve governare?

Tutti hanno sostenuto (come già a suo tempo Sabino Cassese) che non farà certo bene alla scuola un decentramento che istituisca ventuno ministeri regionali, come è in parte avvenuto per la sanità. La scuola non appartiene allo Stato, alle burocrazie dei vari livelli, alle corporazioni, o ai sindacati quando esorbitano dalla loro importante funzione. Il governo delle scuole autonome a carattere statale deve passare alle comunità locali ed ai soggetti sociali alle quali le scuole stesse appartengono.

Per giungere a questo occorre che ogni organo istituzionale faccia fino in fondo la sua parte, a cominciare dall’uscita per via legislativa dall’attuale stato di confusione di competenze tra istituzioni, enti e organismi dei vari livelli, che non fa che aumentare la conflittualità dentro e fuori le scuole.

Per un decentramento che faccia bene alla scuola occorre ripartire dalla autonomia delle scuole come sistema di soggetti sociali che offrono un servizio pubblico, occorre investire sul prezioso “capitale umano” costituito da tutti coloro (adulti e giovani) che nella scuola sono disposti a far fruttare dati intellettuali ed affettive e ad assumersi responsabilità e rischi.


3. Il cammino dell’autonomia deve giungere fino alla assegnazione diretta e unificata alle scuole statali e paritarie di tutte le risorse economiche che la Repubblica ritiene per esse necessarie, senza più passaggi intermedi, attivando le valutazioni necessarie a controllarne il buon uso e l’efficacia.

Il cammino della autonomia ha bisogno di risorse investite su una professionalità riconosciuta e non del dimezzamento dei fondi per il funzionamento ordinario o quelli della legge 440 come avvenuto in questi tre anni. Si tratta di scegliere di investire e razionalizzare la spesa esistente, poiché la scommessa sul “capitale umano” è decisiva per creare le condizioni affinché ogni persona realizzi la propria vocazione di vita, faccia fruttare le proprie doti, aiutando così anche la sfida dello sviluppo sociale ed economico.

Il cammino dell’autonomia deve completarsi con il reclutamento diretto da parte delle scuole, singole o associate, di dirigenti e docenti. Tutti i relatori hanno unanimemente sostenuto che reclutamento e gestione diretti da parte delle scuole (come d’altra parte avviene per tutte le altre istituzioni o enti autonomi) ne caratterizzano l’autonomia progettuale e formativa.

Il cammino della autonomia ha bisogno di far uscire le scuole dalla propria autorefenzialità – quasi apparato astratto ed ambito virtuale – per entrare in un processo di valutazione del servizio che accresca la capacità di rispondere alla realtà concreta dei giovani, delle famiglie, delle comunità locali, del mondo del lavoro e dei mutamenti internazionali.

Il cammino della autonomia ha bisogno, con garanzie legislative, di una professione docente e dirigente reclutata sulle competenze reali, incentivata sul merito, sviluppata nelle capacità attraverso una carriera che assuma la stessa direzione educativa ed organizzativa di istituto come suo termine, laddove le funzioni amministrative e gestionali siano regolate come servizio all’azione educativa e culturale.

Il cammino della autonomia necessita che le stesse scuole escano dallo stato di “orfanità”, non attendendo più continue disposizioni dal centro, ma assumendosi le responsabilità necessarie e cessando di invocare invece l’autonomia come motivo di rifiuto del cambiamento.

Il cammino della autonomia ha bisogno di organismi di governo semplici, chiari nelle rispettive competenze, basati sulla distinzione del potere di indirizzo e controllo dal potere di gestione e direzione.

Il cammino della autonomia necessita, nel rispetto delle diversità professionali, di un riconoscimento sempre maggiore del compito primario delle famiglie e delle comunità locali, specie nelle funzioni di indirizzo e verifica, all’interno di nuovi organi di governo delle scuole.

Il cammino della autonomia non può accettare che gli aspetti didattici e formativi della riforma debbano essere contrattati tra governo e sindacati, perché si tratta di materia strettamente attinente la libertà educativa e l’autonomia professionale che debbono essere salvaguardate dalla legge. In tal senso risulta positiva anche la scelta di quelle regioni che hanno devoluto all’autonomia didattica delle scuole la propria quota di curricolo di studi assegnata dalla legge 53.

Il cammino della autonomia si completerà con l’abolizione del valore legale del titolo di studio, come condizione per valutare la formazione della scuola per l’effettivo bagaglio di conoscenze e capacità acquisite dagli studenti.

Il processo di decentramento necessario alla scuola italiana ed alla sua riforma sarà arricchito da un movimento pluralistico delle scuole autonome a carattere statale e delle scuole libere promosse da soggetti sociali, che utilizzando anche lo strumento delle reti, venga riconosciuto come interlocutore degli enti locali dei vari livelli, per la definizione delle risorse e dei servizi necessari alla programmazione formativa delle scuole.
Anche per questo movimento si impegneranno i dirigenti scolastici di DiSAL.

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