Diffide alle scuole, interviene l’USR Marche: ‘Non c’è motivo per accoglierle’

Negli ultimi tempi i dirigenti scolastici si sono visti arrivare migliaia di diffide tese ad intimare le scuole stesse “a procedere al riconoscimento del servizio prestato nel corso dell’anno 2013 ai fini della progressione di carriera e dell’adeguamento stipendiale”. L’invio in massa è stato spinto dai sindacati che hanno messo in circolazione, nelle chat e nelle mail di docenti e Ata, modelli da compilare e inviare alle scuole.  Per aiutare i dirigenti a capire il da farsi, l’USR delle Marche ha scritto una lettera molto dettagliata dove descrive la complessa e articolata situazione normativa e, in definitiva, dice ai dirigenti scolastici che, allo stato e fino a diversa indicazione ministeriale o innovazione normativa, non sussistono motivi per accogliere le molteplici richieste pervenute dal personale docente ed ata. Pertanto, l’USR invita i dirigenti, alla luce della normativa vigente e delle valutazioni insite nella stessa pronuncia della Corte Costituzionale,  a fornire  idoneo riscontro alle diffide ricevute.

Ricostruiamo la questione. Tutto iniziò con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica”, poi convertito in legge, con ulteriori modificazioni dalla L.122 del 30.07.2010. Nello specifico, l’art. 9   introduceva vincoli alla dinamica retributiva individuale per cui “Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, (…), non puo’ superare, in ogni caso il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva…”. Sempre lo stesso decreto,  al comma 21 ha previsto che “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all’articolo 3, del D. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, cosi’ come previsti dall’articolo 24 della legge 448 non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorche’ a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del D. Lgs. 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti.

Per il personale di cui all’articolo 3 del D. Lgs. 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”. Sempre lo stesso decreto, al comma 23, specifica: “ Per il personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.T.A.) della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti.”

Successivamente il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, (convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), con l’art. 16 intitolato – Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico – ha previsto “Al fine di assicurare il consolidamento delle misure di razionalizzazione e contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nell’ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, nonché ulteriori risparmi in termini di indebitamento netto, . . . b) la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni…”.

“Pertanto – spiega nella nota il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, Marco Ugo Filisetti – se il D.L. 78/2010 aveva sostanzialmente disposto il blocco delle procedure contrattuali e negoziali per gli anni 2010-2011-2012, nonché il congelamento dei trattamenti retributivi per il triennio 2011-2013, il D.L. 98/2011, nel prorogare fino al 31 dicembre 2014 le già menzionate disposizioni, aveva di fatto assicurato il consolidamento delle misure di razionalizzazione e consolidamento della spesa in materia di pubblico impiego. In sintesi, si sanciva che dette annualità non potessero essere riconosciute come valide ed utili ai fini della progressione economica”.

Cosa è successo dopo? Nel corso degli anni sono poi intervenuti accordi tra le organizzazioni sindacali di categoria e l’Aran che hanno fatto sì che alcune annualità fossero recuperate ai fini della progressione economica del personale docente e Ata. Si è poi giunti al D.P.R. n.122/2013 – “Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111” – che ha disposto (con l’art.1, comma 1, lettere a) e b)) che: ” a) le disposizioni recate dall’articolo 9, commi 1, 2 nella parte vigente, 2-bis e 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono prorogate fino al 31 dicembre 2014….. b) le disposizioni recate dall’articolo 9, comma 23, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono prorogate fino al 31 dicembre 2013”.

La norma è stata poi in parte superata dal Decreto legge 23.01.2014 n.3 che all’art. 1 co 4 stabilisce che: “Attesa la specifica modulazione temporale delle misure di blocco della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici di cui all’articolo 9, comma 23, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come prorogato dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, per il personale della scuola non trova applicazione per l’anno 2014, nell’ambito degli stanziamenti di bilancio relativi alle competenze stipendiali, ed in relazione alle disposizioni di cui al citato comma 23, l’articolo 9, comma 1, del predetto decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come prorogato dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del citato decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122”.

“In definitiva – spiega l’USR Marche –  per l’anno 2014 non trovava applicazione il blocco previsto dalla manovra correttiva del D.L. n.78/2010. Restava, tuttavia, inalterato il blocco dell’anno 2013 non interessato al momento da alcuna disposizione normativa vigente. Questo significa che al momento resta escluso ai fini della progressione economica solo ed esclusivamente l’annualità 2013. Di tanto si dovrà inevitabilmente tener conto nelle domande di ricostruzione di carriera presentate dal personale docente ed Ata”.

Ma non è finita qui: “Ricostruito l’iter normativo occorre dare conto, con riferimento alla tematica che ci occupa, di una pronuncia della Corte Costituzionale (la n.178 del 2015) che ha sottoposto a sindacato di legittimità alcune di queste norme sopra menzionate. Nello specifico, la questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Ravenna, i quali avevano impugnato l’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge 30 luglio 2010, n.122 e dell’art. 16, co. 1, lettere b) e c) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, deducendo la violazione degli articoli 2, 3 co. 1, 35 co. 1, 36 co. 1, 39 co. 1 e 53 della Costituzione. Invero, la Corte costituzionale si era già pronunciata precedentemente in due differenti occasioni (Sentenza n. 310/2013 e n. 219/2014), rispettivamente relative alla posizione retributiva e contrattuale dei docenti e ricercatori universitari e dei docenti delle scuole secondarie sulla prima delle normative impugnate, respingendo in entrambi i casi le censure di illegittimità costituzionale delle misure di contenimento della spesa pubblica e di stabilizzazione finanziaria in esso contenute. Il giudice delle leggi aveva, infatti, giustificato il blocco triennale dei CCNL con lo scopo di risanare la finanza pubblica, nonché di rispettare il disposto del novellato art. 81 co. 1 della Costituzione.

Spiega ancora l’USR Marche: “Più nel dettaglio, la legittimità di tali misure era stata fondata su due argomenti principali: la prospettiva programmatica delle stesse, necessariamente destinate a svilupparsi nell’arco di tempo pluriennale del ciclo di bilancio e la loro intrinseca ragionevolezza, applicandosi all’intero comparto del pubblico impiego, soggiacendo a limiti e restrizioni generali disposte in un’ottica solidaristica, nonché intervenendo in un momento di particolare gravità della situazione economica e finanziaria. In conclusione, l’argomentazione della Corte valorizzava l’esigenza di governare una voce rilevante della spesa pubblica, che aveva registrato in quegli anni una crescita incontrollata”.

Diversamente, nella sentenza n.178/2015 la Corte stabilisce che il rinnovo del blocco per il triennio 2013-2015 e la norma che blocca l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale fino al 2018 integrano una violazione della libertà sindacale di cui all’art. 39 comma 1 della Costituzione. La legge di stabilità del 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), prorogando il “blocco negoziale”, avrebbe infatti “reso strutturali i blocchi contrattuali introdotti con i precedenti provvedimenti legislativi”, provocando così una situazione di illegittimità costituzionale sopravvenuta.

“Al momento – spiega l’USR  – questa pronuncia della Consulta viene utilizzata dalle organizzazioni sindacali per sostenere e corroborare le molteplici diffide legali che pervengono alle istituzioni scolastiche. Fatto sta che tra tutte le censure proposte, la Corte ha accolto esclusivamente quella relativa alla violazione dell’art. 39 co. 1 della Costituzione. In forza dell’ultima proroga, il blocco negoziale aveva infatti raggiunto la durata di sei anni, durata ritenuta tale da pregiudicare la libertà sindacale dei dipendenti pubblici in quanto non più giustificata dalla situazione emergenziale di crisi economica.

 A ben vedere, il ragionamento della Corte sembra scindere in modo netto i due profili: il giudice delle leggi non ritiene, infatti, né sproporzionato né irragionevole il sacrificio economico imposto ai lavoratori mediante il blocco negoziale, essendo stato inserito in un disegno organico improntato ad una dimensione programmatica. Come si è prima anticipato con riferimento alle due precedenti sentenze sul punto, il primo blocco contrattuale era stato giustificato a fronte della congiuntura di grave crisi economica e finanziaria attraversata dal paese: diversamente, il rinnovo del blocco è stato ritenuto irragionevole e, quindi, incostituzionale, ma solo pro-futuro. Ma vi è di più. Nella pronuncia in esame, l’art. 36 non entra affatto nel bilanciamento della Corte, il quale si polarizza, invece, esclusivamente sulla libertà sindacale. Pertanto, il rigetto della censura relativa all’art. 36 ha significato la netta esclusione di ogni eventuale pretesa risarcitoria o indennitaria e, quindi, l’esonero dello Stato da pericolose prestazioni di spesa.

In definitiva, allo stato e fino a diversa indicazione ministeriale o innovazione normativa, non sussistono  motivi per accogliere le molteplici richieste pervenute dal personale docente ed ata e, pertanto, alla luce della normativa vigente e delle valutazioni insite nella stessa pronuncia della Corte Costituzionale, si invitano gli istituti scolastici a tener conto delle considerazioni sopra espresse fornendo idoneo riscontro alle diffide ricevute”.

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