Di Covid si muore e senza scuola non si vive

Non sappiamo come ne uscirà la scuola da questa terribile crisi. Sappiamo però come docenti, dirigenti, genitori e studenti stanno provando ad affrontare una situazione che non ha precedenti, per ampiezza e gravità della situazione. A prima vista sembra che il mondo della scuola stia facendo di tutto, e per quanto possibile, di unirsi e compattarsi per reggere all’onda d’urto che la pandemia sta creando. Ma ad arrecare danni non è solo il Covid-19.

Ad arrecare danni alla scuola credo sia il sottobosco della politica e della comunicazione che la usa scuola per i propri mezzi e che invece di difenderla e proteggerla la espone al ridicolo. Di questo difficile periodo voglio prendere due immagini che sono agli antipodi per bellezza e per le posizioni che portano avanti. Da un lato la diretta Facebook del Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, dall’altro i ragazzi di Napoli, Torino e molte altre città che per protestare contro gli effetti negativi della DaD si sono dati appuntamento fuori dalla scuola e seguono le lezioni di fronte a un cancello chiuso.

Il 30 ottobre, tramite Facebook, De Luca si è espresso in questo modo: “Mi è capitato di vedere un’intervista a una mammina con una mascherina di tendenza, gli occhi ridenti e fuggitivi. Sosteneva che la sua bambina avesse pianto, dicendo ‘mamma voglio andare a scuola per imparare a scrivere’. Credo sia l’unica bambina d’Italia – ha dichiarato il governatore della Campania durante la diretta – che piange per andare a scuola e l’unica al mondo che dà anche la motivazione, vuole imparare a scrivere, le mancano grammatica, sintassi ed endecasillabi. Questa povera figlia è un OGM, cresciuta dalla mamma con latte al plutonio”.

Quale idea di scuola emerge dalle parole del Governatore? Un’immagine svilita, minimizzata, appunto, ridicolizzata. Vorrei poter spiegare che la bambina in questione non è l’unica che piange, o lotta, per voler andare a scuola, ma che nella tradizione scolastica ce ne sono stati, e tutt’ora sono molti, a combattere affinché la scuola possa essere garantita e promossa.

Tra i molti mi viene in mente “Lucianino” uno dei ragazzi della scuola di Barbiana di Don Milani. Luciano abitava molto distante dalla canonica di Don Milani, che ricordiamo faceva scuola tutti i giorni, sette volte a settimana, 365 giorni l’anno e 366 negli anni bisestili, per dodici ore al giorno. Alcuni degli studenti abitavano nei paraggi della scuola, altri, come Luciano, no. Leggiamo dal sito della Fondazioni Don Milani:
“Il ponte di Luciano, racconta la storia di un bambino di undici anni, che andava lassù a scuola a Barbiana. Camminava da solo nel bosco ogni giorno per più di un’ora e mezzo la mattina e altrettanto la sera per tornare a casa.
Sfidava le insidie e i pericoli che il  bosco nasconde per raggiungere la scuola, perché voleva uscire dall’alfabetismo ed emarginazione secolare cui i montanari erano confinati. Ma un bambino che affronta tutti i giorni da solo i pericoli del bosco, prima o dopo li incontra e Luciano ne incontrò uno e anche grave.” La storia del ponte di Luciano è possibile leggerla in un bel libro di Michele Gesualdi, ma l’aspetto che mi preme sottolineare è che la scuola, se significativa, è un dono prezioso e questo aspetto ai ragazzi è chiaro.

Lucianino affrontava le insidie dei boschi del Mugello e diversi anni dopo Malala, premio Nobel per la pace nel 2014, raccontava attraverso il suo blog la difficoltà di andare a scuola nel Pakistan occupato dai talebani. Nel 2012 aveva subito un attentato rivendicato dai talebani sul pullman che da scuola la portava a casa. Fu operata al cervello e salva per miracolo.

Ora, senza troppa fatica ne abbiamo già trovato tre di bambini che, anche senza plutonio, non solo piangono, ma si battono per la scuola. Perché la scuola non è un luogo di noia, o un parcheggio, come alcuni docenti poco motivati a volte dicono. La scuola è luogo di vita democratica come sosteneva Dewey, ma è anche la grande opportunità che hanno i bambini nel mondo per uscire dal substrato d’ignoranza e povertà sociale. La scuola è un’alternativa alla strada, alla malavita, al nulla. La scuola è un diritto ed è vita.

Ce lo spiegano con forza i bambini ed i ragazzi che in varie città italiane e senza alcun coordinamento stanno protestando per difendere il proprio diritto all’istruzione e alla scuola in presenza. Sulla pagina di Torin di Repubblica leggiamo il punto di vista di queste giovani studentesse: “Se ci togliete la scuola, ci togliete il futuro. È un posto sicuro e tornare in classe è un nostro diritto”. Con tablet e banchetto, davanti alla scuola media Calvino di Torino, questa mattina erano in due: ad Anita si è aggiunta anche la sua compagna Lisa.”

Ora io vorrei tanto che Anita e Lisa spiegassero a De Luca e a tutti coloro i quali attaccano la scuola, minimizzando il ruolo educativo e la portata salvifica che di fatto ha, che la scuola è un diritto e toglierla di mezzo significa uccidere oggi, non domani, la nostra società. Non è un caso che ieri, 10 novembre, molti genitori pugliesi abbiano deciso di portare a scuola i propri figli, nonostante la criticità della condizione sanitaria, consapevoli che i rischi dell’isolamento sociale e della mancanza di scuola sono potenzialmente altrettanto gravi. Di Covid si muore, senza la scuola non si vive. E vorrei che si chiedesse scusa alla bambina di cui ci ha parlato e a tutti noi che la scuola l’amiamo e ci battiamo per essa.

Cosa sia la scuola ce lo ha detto con chiarezza don Milani nella lettera ai giudici che volevano condannarlo per aver contestato i cappellani militari toscani che si erano scagliati contro l’obiezione di coscienza: la scuola è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione).

Formare il senso della legalità e della politica, se intese nelle loro accezioni etimologiche e più nobili, sedere tra il passato ed il futuro, lasciare un segno nella vita dei nostri alunni. Senza scuola come faremo a promuovere la legalità, l’amore per la propria città e costruire le basi per un futuro, e anche per un presente migliore?