David di Michelangelo. La doppia deriva della scuola americana

La clamorosa vicenda del licenziamento della preside americana di una scuola della Florida, che aveva consentito alla sua docente di arte di mostrare agli alunni (di 11-12 anni) la statua del David di Michelangelo con tutti i suoi particolari anatomici, evidenzia uno dei due aspetti della deriva censoria che sta affliggendo la società statunitense, e che emerge con forza nel mondo scolastico: quella familista-neoconservatrice, che subordina la libertà didattica dei docenti all’opinione dei genitori, che possono intervenire – come si è visto in altri casi – sulla scelta dei libri di testo e di quelli destinati alla biblioteca della scuola. O possono addirittura determinare, come è successo in questo caso, il licenziamento di presidi e insegnanti.

L’altra deriva censoria, evidenziatasi in altre scuole, è quella che ha motivazioni di carattere sociopolitico, legata a temi come quelli del razzismo e della denuncia del suprematismo bianco, di derivazione europea, che ha ispirato la cosiddetta Culture Cancel – la rilettura critica della storia americana – che ha condotto ad aberrazioni (per noi europei) come l’abbattimento delle statue di personaggi (dal “colonialista” Cristoforo Colombo al “razzista” Abraham Lincoln) considerati responsabili storici delle iniquità della società contemporanea, o come la censura o riscrittura di opere letterarie non in linea con il politically correct di oggi, considerate pericolose per l’“equilibrata” educazione dei giovani, Shakespeare e Dickens compresi. 

Nel caso della scuola della Florida da cui siamo partiti le due derive trovano un punto di congiunzione, perché alla censura neoconservatrice di segno tradizionalista che condanna la “nudità” del David di Michelangelo si abbina quella iconoclastica del rifiuto della cultura classica, o della cultura tout court, della Culture Cancel.

Gli europei e gli italiani in particolare (ma anche gli inglesi, almeno quelli che hanno votato contro la Brexit) non possono che condannare questa criminalizzazione della loro tradizione culturale e pedagogica, e sperare che gli USA, come hanno fatto altre volte in passato, trovino il modo di superare pulsioni di questa natura archiviandole come mode (sub)culturali transitorie. Bene ha fatto il sindaco di Firenze Dario Nardella a invitare nella sua città la preside americana licenziata per aver salvaguardato la neutralità valoriale dell’arte, che deve essere valutata sempre con parametri estetici, e mai etici, e con rispetto della sua storia.

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