Dagli altari alla polvere: qual è il ruolo della didattica digitale?

Nella fase iniziale della pandemia, di fronte a qualche resistenza di un corpo docente spaventato dall’idea di dover sostituire con astruse diavolerie informatiche la vecchia e confortante lezione ex cathedra, le cui tracce erano icasticamente rinvenibili sulle dita imbiancate dal gesso, non di rado sono state intessute le lodi della nuova frontiera del sapere: la didattica a distanza, la teletrasmissione del sapere, preconizzata da certi racconti di fantascienza, che si dimostrava, così, narrazione capace, ancora una volta, di anticipare in forma fantastica le tendenze del futuro. Al punto che, per reazione, si è rispolverato, sul fronte avverso, un vecchio racconto degli anni cinquanta dello scorso secolo, The fun they had, di Isaac Asimov, tradotto in italiano con il titolo Chissà come si divertivano, che narra lo stupore di due bambini del 2157 di fronte alla scoperta casuale di un libro. I due bambini, abituati ai telelibri che scorrevano sullo schermo, alle valutazioni finalmente imparziali e asettiche di un insegnante meccanico difficilmente accusabile di pregiudizio favorevole o negativo nei confronti dei propri allievi, somministratore supremo e inappellabile di test oggettivi, ripercorrevano con stupore, sul buffo e statico libro di carta, i tempi della scuola dei maestri umani, in cui i ragazzi erano riuniti in classi, invece di essere collocati di fronte a uno schermo parlante. La conclusione di Margie, la piccola protagonista femminile del racconto, è quella che dà il titolo allo stesso: chissà come dovevano amare la scuola, quei bambini, chissà come si divertivano.

Due volte nella polvere e due volte sull’altar, dice Manzoni di Napoleone nell’ode 5 maggio. Assistiamo, oggi, alla prima caduta della didattica digitale dall’altare alla polvere, in attesa del possibile, anzi probabile, ritorno in auge, di fronte a una nuova fiammata pandemica. Da nuova frontiera del sapere, a strumento improprio e parziale, tanto che i vertici di viale Trastevere hanno solidarizzato con gli studenti delle scuole superiori, scesi in piazza per contestare la mancata riapertura in presenza. I quali studenti, dal canto loro, vogliono sì la riapertura, ma non ad ogni costo, bensì in sicurezza, anzi, in piena sicurezza, che, in tempi di pandemia, non è pretesa da poco, come non lo sarebbe stata quella di Renzo Tramaglino di passeggiare per una Milano in preda a un ancor più terribile contagio con lo spirito leggero di chi fa il suo joggingquotidiano. La conclusione implicita nel ragionamento di chi vuole riaprire in piena sicurezza è chiara: vogliamo la didattica in presenza, ma pretendiamo di fare quella a distanza, se non c’è una piena sicurezza che, per ora, è nelle mani di una Volontà Imperscrutabile per definizione.