Da genitori si diventa cittadini a metà?

Un noto filosofo ha recentemente ricordato che “In democrazia è sempre necessario discutere; non vi può essere alcun momento nella vita democratica in cui si debba soltanto obbedire e combattere”. Come dire che in democrazia nessuno debba essere relegato al solo ruolo esecutivo di scelte fatte da altri, ma che sia garantito a tutti di potersi esprimere in sede appropriata in ordine alle decisioni, specie se li riguardano e su di essi ricadono le conseguenti obbligazioni.

Ebbene, in questi mesi si sono moltiplicate disposizioni e normative in campo sociale e scolastico, che ricadono su circa venti milioni di genitori e circa dieci milioni di studenti senza che questi abbiano avuto modo di essere preventivamente informati, consultati e coinvolti nelle decisioni.

Tutto questo contrariamente a quanto è prescritto dal Trattato sull’Unione Europea in riferimento alla democrazia rappresentativa e partecipativa:  “ Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini. Le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile (art 10 – 11). Milioni di cittadini sono stati così informati soltanto dai media o dai social, senza aver avuto voce in capitolo, ma  con il dovere di attenersi puntualmente a quanto deciso. Non hanno avuto modo di “discutere” con le istituzioni deliberanti attraverso i propri rappresentanti eletti né con le proprie associazioni. 

–    Nei vari decreti alcuni brevi commi prevedono di  coinvolgere gli organi collegiali della scuola, ma di sfuggita e senza le specificazioni necessarie. Persino presso gli Uffici Scolastici Regionali dove era obbligatorio istituire “Tavoli regionali operativi” con la presenza “del Rappresentante delle associazioni dei genitori e di un delegato delle consulte studentesche”, gli incontri si sono limitati all’informazione di quanto le istituzioni avevano già deciso.  La presenza dei genitori e degli studenti, poi, non è stata prevista né a livello nazionale, né prefettizio, né nelle conferenze dei servizi dei Comuni.

– Coerentemente con i principi della democrazia, il coinvolgimento ai tavoli decisionali dei cittadini e dei portatori di interesse, in un contesto di trasparenza, diventerebbe un arricchimento che consente di evitare controversie, nonché sfiducia e insoddisfazione. La presenza di tutti i destinatari aumenta la probabilità di evitare soluzioni sbagliate, ridurre i costi di attuazione e trovare soluzioni innovative e più funzionali. Viceversa quei principi democratici abitualmente non trovano applicazione nelle istituzioni italiane quando si definiscono disposizioni riguardanti i genitori e le famiglie. Sembra che i genitori, anche se sono  sindaci, deputati o qualificati professionisti, debbano essere trattati da cittadini di secondo ordine. Non è bastato che nei mesi più drammatici della pandemia abbiano dato prova di essere stati l’unica istituzione in grado di assicurare agli anziani e ai minori la cura, il  mantenimento ed anche l’ istruzione domiciliare. 

Nella scuola, poi, dove doveva realizzarsi la più autentica democrazia partecipata, sono stati in gran parte disattesi i principi non solo della democrazia diretta (delle associazioni), ma anche della democrazia indiretta dei rappresentati eletti nei vari consigli. Tutto questo,  nonostante  la sovrabbondante normativa che  delinea e auspica la collaborazione più stretta tra scuola e famiglia. Ad esempio, la Carta dei servizi della scuola da venticinque anni prescrive: “partecipazione, efficienza, trasparenza, dove istituzione, personale, genitori, alunni sono protagonisti e responsabili di una gestione partecipata della scuola… le istituzioni scolastiche garantiscono una informazione completa e trasparente… definiscono con il concorso dei genitori  il Progetto educativo di istituto e sono responsabili della qualità delle attività…  effettuano tra i genitori rilevazioni utili alla valutazione del servizio sugli aspetti organizzativi, didattici e amministrativi”.

–   Di fronte a questa grave  contraddizione, che si protrae da cinquant’anni,  tra il dettato dalle normative e il  vissuto scolastico, non è facile individuarne le cause di ordine culturale, politico e amministrativo.

Da una parte si tende ad accusare l’istituzione scolastica di eccessi burocratici, corporativi e  autoreferenziali che non riconoscono né rispettano il diritto – dovere dei genitori ad istruire ed educare i figli, come disposto dalla Costituzione e dal Diritto internazionale. Dall’altra si accusano i genitori di assenteismo e di uno smisurato individualismo teso a difendere comunque il figlio.

Non è, però, con le recriminazioni che si risolvono le difficoltà e le disfunzioni.  E’ interesse della scuola poter contare su genitori preparati in grado di presenziare ai tavoli e nei consigli scolastici con competenza e disponibilità collaborativa. E’ interesse dei genitori uscire dall’isolamento individualistico e diventare interlocutori autorevoli e costruttivi delle istituzioni

Competenza e collaborazione qualificata, però,  non si improvvisano, ma sono garantite dal libero associazionismo, da incoraggiare anche tra i genitori come accade in ogni settore: dal modo lavorativo, produttivo, professionale, culturale e politico.

La democrazia partecipativa in Italia ha bisogno di una regolamentazione strutturale che incoraggi e favorisca  l’iniziativa e l’intraprendenza dei genitori con adeguati sostegni economici ed organizzativi (permessi, distacchi,  progetti formativi condivisi…) come accade nella scuola per le associazioni professionali e sindacali.

E’ importante, soprattutto in questa fase di ripartenza dopo la pandemia,  coinvolgere i cittadini nelle scelte, mantenendo un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni e la società civile.  Solamente a queste condizioni si garantirà coerenza efficace delle azioni, si allargherà il consenso e si svilupperà il senso di appartenenza e di responsabilità.

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