Crisi di governo/2. Nuovi scenari per l’istruzione?

Negli ultimi tempi si è fatta massiccia la pressione dell’opinione pubblica e di alcuni importanti soggetti istituzionali, tra i quali la Banca d’Italia e la Presidenza della Repubblica, affinché la questione del rilancio del nostro sistema educativo e formativo diventi una grande questione nazionale, e un terreno di dialogo, anziché di scontro, tra le principali forze politiche del Paese, al di là della loro collocazione nella dialettica parlamentare.
Ma quante possibilità ci sono che questa convergente pressione possa trovare sbocchi concreti? Come si è visto, sia con i governi di centro-sinistra sia con quelli di centro-destra le contrapposizioni frontali tra gli schieramenti hanno prevalso in quasi tutti i settori, e l’istruzione non ha fatto eccezione. C’è da chiedersi se lo sviluppo, pur non facile nelle attuali circostanze, del dialogo tra i leader delle due maggiori formazioni politiche del Paese, su un pacchetto di riforme elettorali e istituzionali volte a migliorare la governabilità del Paese, possa aprire nuovi scenari anche per il sistema educativo, poiché è di tutta evidenza che gli investimenti nelle risorse umane costituiscono una necessità strategica del Paese nel suo insieme.
Occorrerebbe a tal fine che le citate leadership facessero uno sforzo per svincolarsi dalla mera logica di appartenenza, e dai condizionamenti provenienti dalle forze minori. Solo un importante progetto condiviso, di evidente e dimostrabile rilevanza strategica per gli interessi nazionali, con forti investimenti, potrebbe fra l’altro preparare il terreno a innovazioni radicali.
Vedremo presto, già dall’evoluzione della crisi politica in corso, se le ragioni di questo dialogo, che potremmo definire metapolitico, sulle strategie educative, riusciranno a prevalere sullo spirito di parte, sulla ricerca dello scontro e della demonizzazione dell’avversario “a prescindere“. Non c’è da illudersi.