Crisi di governo/1. La legislatura spezzata

Comunque si concluda la “mission impossible” del presidente incaricato Marini, il destino della XV legislatura appare segnato. Le elezioni sono in pratica già annunciate per aprile, se le gestirà l’uscente governo Prodi, o per giugno, se Marini riuscirà a realizzare un ampio accordo sulla modifica del sistema elettorale.
Il carattere eterogeneo delle coalizioni che le forze politiche sono costrette a formare per vincere le elezioni con l’attuale sistema elettorale (e anche col precedente, il cosiddetto “Mattarellum“), si traduce poi in una più difficile governabilità, e in un forte potere di condizionamento dei partiti minori, se non addirittura di singoli parlamentari.
Tutto ciò ha prodotto incertezze e contraddizioni per la scuola sia nella legislatura governata dal primo centro-sinistra (1996-2001: 3 governi, due ministri dell’istruzione, l’avventura del “concorsone” per i docenti, il faticoso compromesso sulla riforma dei cicli e sulla parità), sia in quella a guida del centro-destra (un solo ministro, la Moratti, ma due diverse ipotesi di riforma, la pari dignità dei due canali prima affermata e poi smentita nei fatti, la maldestra licealizzazione dell’istruzione tecnica).
Nell’attuale legislatura il ministro Fioroni ha potuto muoversi con un certo dinamismo, e attutire i contrasti interni alla maggioranza (per esempio sull’abrogazione della riforma Moratti o sulle modalità di assolvimento dell’obbligo di istruzione), per lo più grazie a una sorta di “scambio” effettuato attraverso la megaoperazione dei 150.000 precari. E anche, va aggiunto, grazie alla sua concezione pragmatica dell’azione di governo, che gli ha consentito di gestire con tempestività alcune emergenze. Ma non di promuovere innovazioni di largo respiro, anche per l’assenza di una maggioranza solida in Parlamento.