Costituzione europea: ben poco spazio per l’educazione

Nella bozza di Costituzione europea varata dalla commissione Giscard D’Estaing il settore che comprende istruzione, formazione professionale, gioventù e sport è collocato tra quelli per i quali l’Unione potrà condurre soltanto “azioni di sostegno, di coordinamento o di complemento” (art. 16), cioè offrire suggerimenti e incentivi, rimanendo esclusa ogni possibilità di “armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”.
Insomma, come nel trattato di Roma istitutivo della Comunità (1957) e in quello di Maastricht (1992), che pure ribadiva il divieto di armonizzazione, l’educazione resta una materia ad intervento comunitario debole, a differenza di altre, che sono state fatte rientrare nell’ambito delle competenze esclusive dell’Unione (monetaria, commerciale, doganale, biologica-ittica) o sono state inserite nei settori a competenza concorrente tra l’Unione e gli Stati (per es., tra gli altri, mercato interno, energia, coesione economica, sociale e territoriale, ambiente). Insomma l’Unione potrà adottare iniziative volte a coordinare le politiche nazionali nei settori a competenza concorrente – per esempio in materia di occupazione – ma non potrà farlo per la scuola e la formazione professionale, che pure si pongono in stretta relazione con la tematica occupazionale.
E’ prevalsa ancora una volta, in molti Paesi europei, la preoccupazione di salvaguardare i propri sistemi educativi, percepiti come fattori irrinunciabili dell’identità nazionale. Eppure nel preambolo della Costituzione, al di là della questione delle “radici cristiane”, si insiste molto sul comune patrimonio culturale e sui valori fondamentali condivisi dagli europei. Forse un piccolo passo in avanti anche in materia di coordinamento delle politiche educative favorirebbe la costruzione di una più diffusa e radicata sensibilità europea tra i giovani delle futura Unione.