Azzolina: ‘Chiesti test rapidi, non si può bloccare la classe per un raffreddore’. Ritorno alla DaD? ‘Perché dovrei lasciare gli studenti a casa?’

“Dovremmo prendere esempio dalle scuole. A scuola ci sono regole, distanziamento, gel, mascherine. Nella giornata di uno studente è il momento più sicuro”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina a “Di martedì”  dello scorso 13 ottobre su La7. “Ho chiesto i test rapidi per le scuole – aggiunge – non possiamo bloccare una classe per un raffreddore“.”Spiace che qualcuno pensi che gli studenti e le studentesse possano essere sacrificabili. La scuola ha dato tanto, abbiamo lavorato tutta l’estate per riportare gli studenti in presenza”. “Stiamo ultimando il monitoraggio sui contagi a scuola sulla quarta settimana. C’è poca crescita, il tendenziale è lo stesso delle settimane precedenti. Con questi dati dovrei lasciare gli studenti a casa?”.

Le dichiarazioni della Ministra arrivano in risposta alla proposta di rimettere gli studenti delle superiori in DaD, proprio come durante il lockdown, per alleggerire la pressione sui trasporti. In particolare il ministro per le Autonomie, Francesco Boccia,  a Radio Anch’io aveva detto: “Quella della didattica a distanza era solo una proposta di alcune regioni legata all’eventuale appesantimento dei trasporti. Io sono per lasciare gli studenti a scuola, senza discussione”.

“I ragazzi sono felici di essere tornati a scuola. E ci devono rimanereaveva ribadito la ministra nella mattinata del 13 ottobre in un’intervista ad Ansa. “Anche per quelli più grandi la didattica in presenza è fondamentale perché garantisce formazione ma anche socialità, un bisogno che oggi è meglio soddisfare a scuola”.”I numeri, infatti, e le analisi dell’Istituto Superiore di Sanità – sottolinea – ci confermano che i contagi non avvengono dentro le scuole. L’attenzione deve essere invece orientata fuori, alle attività extrascolastiche, come ribadiamo da tempo”.
“L’anno che è appena cominciato è un anno particolare. Voglio ricordare che grazie al grande impegno dei docenti, dei dirigenti e del personale Ata ma anche delle famiglie, delle ragazze e dei ragazzi abbiamo riaperto scuole, siamo tornati alle lezioni in presenza, alla socialità. Ci sono regole precise da rispettare e lo stiamo facendo e protocolli stanno funzionando. La comunità scolastica sta dando il massimo per garantire diritto allo studio dei nostri piccoli e dei nostri giovani. E dobbiamo esserne tutti fieri. In questo momento serve responsabilità da parte di ciascuno di noi. La scuola è troppo importante e la cosa più importante è tenerla aperta, è la priorità. Questo richiede sacrifici, certo ma li faremo tutti insieme per il bene della scuola”, ha affermato poi in un videomessaggio alla presentazione dei dati del XXII rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca dedicato quest’anno alla dimensione internazionale dell’educazione civica.
 
Eppure i numeri dei contagi a scuola continuano a salire. Secondo quanto riporta Repubblica.it, il bollettino, conosciuto, dei contagi a scuola, ieri diceva “altri 115 casi”. Quarantatré positivi – venti più ventitré  “individuati in un secondo momento” – solo in alcune classi della scuola elementare Carnicella di Molfetta, provincia di Bari. Qui il cluster, l’insorgenza del focolaio, appare propriamente scolastico. Si è già passati alla didattica a distanza. In Puglia, ancora, una docente positiva a Brindisi (e sessanta alunni da controllare). Il plesso scolastico Orto Borrelli di Minervino Murge, qui è Barletta, è stato chiuso dopo la positività al coronavirus riscontrata su un alunno. Il presidente della Regione, Michele Emiliano, è tentato dalla chiusura tout court: “L’avvio dell’anno scolastico ce l’hanno imposto, le scuole sono un luogo pericoloso”, dice. Ma i casi non finirebbero qui, si tratterebbe anzi di un bollettino ampio.
 
Secondo i numeri riportati da Repubblica, su una platea di 7,1 milioni, gli studenti contagiati erano 2 su 10mila (0,021%) al 26 settembre e sono un po’ più di 3 su 10mila (0,033%) al 3 ottobre. Il confronto con il resto d’Italia dà il senso della questione clinica. I positivi tra il 14 settembre e il 3 ottobre in tutto il Paese sono stati 34.998, pari a poco meno di sei su diecimila (0,057%). Nelle tre settimane i contagi degli studenti sono stati un po’ più della metà della media del Paese, ma quelli dei docenti (5 su 10mila) e del personale Ata (7 su 10mila) sono in linea con l’emersione del virus nel Paese. Tra l’altro, i contagi avvistati a scuola sono l’8,3% totali, non certo un numero irrilevante. Enrico Bucci, professore alla Temple University di Philadelphia, e  Giorgio Sestili e Francesco Luchetta, divulgatori, hanno spiegato alla testata perché il dato statistico, dopo tre settimane e senza altri parametri, “è irrilevante e addirittura confondente”, e se si guarda la questione dalla prospettiva delle scuole, e questa la offrono gli accertamenti dei ricercatori Lorenzo Ruffino e Vittorio Nicoletta, al 9 ottobre gli istituti con almeno un contagio erano 1.567 e quelli chiusi ben 233.