Tuttoscuola: Non solo statale

Congresso SDI: per una scuola pubblica meritocratica

Scuola pubblica, scuola pubblica, scuola pubblica“. Lo slogan di Enrico Boselli è echeggiato più volte nei lavori del congresso straordinario dello SDI, svoltosi a Fiuggi dal 13 al 15 aprile 2007.
Alla ricerca di un’identità che lo caratterizzi nei confronti del Partito Democratico, che si va di fatto costituendo sull’asse DS (ex PCI)-Margherita (ex sinistra DC), lo SDI di Enrico Boselli punta sui temi della laicità dello Stato e del primato della scuola pubblica per riaffermare i valori di quella sinistra democratica e riformista che nel dopoguerra si è espressa attraverso una serie di soggetti politici in vario modo collocatisi in una posizione intermedia tra il centro democristiano e la sinistra comunista, dal Partito d’Azione al PRI, al PSDI e al PSI dopo il 1956.
Sono così tornati ad emergere temi e toni legati alla tradizione laica e anticlericale di questa area politica, e si sono ascoltati interventi assai critici verso la scuola privata, a partire da quella paritaria di ispirazione cattolica, accompagnati da richieste di sostenere in modo esclusivo la scuola pubblica, intesa come scuola statale.
Da questa impostazione alquanto passatista e veterostatalista, non lontana dalle posizioni della cosiddetta sinistra radicale (con la quale una parte dello SDI vorrebbe infatti collegarsi), si sono nettamente distinti gli esponenti della componente riformista e liberalsocialista di questo partito. Ugo Intini, in particolare, in un intervento di notevole spessore argomentativo, ha sostenuto che la difesa della scuola pubblica ha senso solo se si tratta di una scuola di qualità, fortemente meritocratica, capace di agire come canale di mobilità sociale in favore dei giovani capaci, anche se provenienti da ambienti economicamente e socialmente disagiati. Intini ha citato come esempio positivo la decisione di Tony Blair di aumentare notevolmente le tasse universitarie, e contestualmente anche il numero delle borse di studio in favore dei capaci e meritevoli. Come vorrebbe, peraltro, anche l’art. 34 della nostra Costituzione.

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