Concorso secondaria: gli errori e le imprecisioni nei questi della CdC A18. Lettera di un docente

Riceviamo e pubblichiamo di seguito l’intervento di Angelo Scalisi relativamente alla prova concorsuale della classe di concorso A18 – Filosofia e Scienze Umane:

“Ho avuto modo di consultare la batteria di cinquanta quesiti che il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato il giorno 9 maggio 2022 per il primo turno dei candidati al Concorso ordinario secondaria per la A018 – Filosofia e Scienze Umane. Ho subito notato che alcuni di essi, nella loro formulazione, presentavano alcuni problemi di varia natura: un riferimento a un autore non previsto dal programma concorsuale; due imprecisioni terminologiche, un errore di attribuzione. Mi chiedo. Come è potuto succedere? La Commissione ministeriale incaricata di formulare un numero certamente considerevole di quesiti non ha avuto il tempo di definirli tutti in modo adeguato, o di ricontrollarli? Non sappiamo. Ma certamente, tutto ciò ha avuto una ricaduta negativa sugli esiti dei molti, troppi, concorrenti che al termine della prova hanno avuto la sgradita sorpresa del non raggiungimento del punteggio minimo previsto per il superamento dell’esame. Vediamo nel dettaglio le domande che a mio parere presentano inesattezze.

Nell’etica esposta da Abelardo nel suo Ethica sive Scito te ipsum (Etica o Conosci te stesso), il valore fondamentale in termini morali di un’azione risiede

Questa domanda deve essere considerata inammissibile. Infatti, l’obiezione che si può porre è che tale autore non può essere oggetto di esame in quanto non è inserito nel programma concorsuale di Filosofia. Facendo riferimento al Decreto Ministeriale n.326 del 9 novembre 2021 e al suo Allegato A Classe A-18 Filosofia e scienze umane, nel programma di Filosofia, alla voce “Filosofia della tarda antichità e medievale”, vengono, infatti, espressamente elencati, tra parentesi, gli autori da studiare, Plotino, Agostino, Anselmo d’Aosta, Tommaso e Occam. Non figura, quindi, Abelardo, né gli autori riportati sono preceduti da un “per esempio” o seguiti da un “eccetera”, lasciando intendere ai candidati che ve ne siano anche altri da studiare. E volendo ampliare la verifica anche al programma di Pedagogia, qui Abelardo è sì nominato, ma viene esplicitamente ed esclusivamente citata l’unica sua opera pedagogica, Sic et non. Quindi nessuna traccia del suo Ethica sive te ipsum presente nella domanda proposta.

Secondo Paulo Freire i processi di coscientizzazione si articolano in quattro fasi, di cui la prima è la (…)

Le quattro risposte fornite risultano altamente fuorvianti e confusive, perché riportano imprecisioni terminologiche nel momento in cui fanno riferimento a: “consapevolezza spontanea”, “consapevolezza semi-intransitiva”, “consapevolezza intransitiva”, “coscientizzazione”. Freire, infatti, in relazione ai processi di coscientizzazione, non parla di quattro fasi, piuttosto, fa riferimento a “tre tipi di coscienza”, utilizzando la seguente terminologia: “coscienza intransitiva”, “coscienza ingenua” e “consapevolezza critica.” Le opere di riferimento sono le seguenti:

  1. Freire, Pedagogia degli oppressi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2018
  2. Freire, Pedagogia dell’autonomia, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2014
  3. Freire, Pedagogia della speranza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2014

Con “entimema” Aristotele intende (…)

Per dimostrare l’imprecisione terminologica della risposta proposta come corretta (“la forma di argomentazione abbreviata tipica della retorica.”) basta leggere il testo autentico con la denominazione esatta data da Aristotele.

“[…] infatti l’esempio è un’induzione, l’entimema un sillogismo, l’entimema apparente un sillogismo apparente. Denomino entimema il sillogismo retorico […].” (Retorica, 1 A, 2, 1356 b, Editore Laterza, 1992)

Pertanto, l’entimema non è “la forma di argomentazione abbreviata tipica della retorica”, ma è, così come Aristotele intende, appunto, il “sillogismo retorico”.

“Per insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, bisogna soprattutto conoscere Giovannino”. Si tratta di un’affermazione ragionevolmente attribuibile a (…)

Le risposte proposte sono a) John Locke, Pensieri sull’educazione; b) John Dewey, Come pensiamo; c) Jean-Jacques Rousseau, Emilio; d) Maria Montessori, La scoperta dell’infanzia.

Secondo il Ministero, la risposta corretta viene individuata in Jean-Jacques Rousseau, Emilio, ma questa frase non è stata mai scritta da Rousseau. Non c’è traccia di essa né nelle edizioni integrali dell’Emilio (Editore Studium, 2016) né in altre sue opere. Quindi, è indubitabilmente assodato che questa frase non appartenga a Rousseau, sebbene essa si trovi innumerevoli volte citata in rete, ed erroneamente sempre attribuita al filosofo ginevrino, su vari siti e sui social più diffusi, confermando il fatto che Internet non può essere considerato una fonte attendibile.

È possibile invece affermare, in modo inequivocabile, che questa espressione sia da attribuirsi a Mario Casotti, filosofo e pedagogista (1896-1975), docente di pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove rimase fino al 1964, direttore della rivista edita da La Scuola, “Pedagogia e Vita”, che, nel criticare il pensiero di Giovanni Gentile che sosteneva l’insegnamento del latino nella scuola, afferma che, accanto alla conoscenza disciplinare, occorre che il docente possegga e padroneggi elementi di didattica, di psicologia e di pedagogia. Soltanto in questo modo il maestro potrà conoscere in modo più approfondito l’alunno. Questa affermazione, diviene, quindi, una sorta di “slogan” che Casotti utilizza per sottolineare quanto l’insegnamento sia imprescindibile dalla comprensione della personalità dell’allievo e dalla gestione ottimale della relazione educativa.

Quanti concorrenti del concorso secondaria,  seppur preparati, non hanno superato la prova perché ingannati dalla formulazione inadeguata di questi quesiti? In prove concorsuali di questo tipo, ritengo sia di fondamentale importanza l’attenta e scrupolosa formulazione delle domande e delle risposte e, soprattutto, la loro verifica con riferimento sempre a fonti bibliografiche autentiche, certe e indubitabili. Soltanto in questo modo può essere valutata correttamente ed inequivocabilmente la preparazione dei candidati”.

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