
Concorso docenti 2024: ‘Una riga ha decretato la mia inadeguatezza al passaggio in ruolo’. Storia di una docente precaria alle prese con la prova orale

Pubblichiamo di seguito il racconto che Rossella De Rose, docente precaria, ha inviato alla nostra redazione:
“Qualcuno doveva aver calunniato Josef K, poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato “.
Memorabile incipit de “Il Processo” di Franz Kafka. Nessuno scrittore, al pari di Kafka (del quale peraltro ricorre proprio in questo mese il centenario della scomparsa), ha saputo raffigurare in maniera si tanto accattivante e maestosa, il senso dell’assurdo, del grottesco (al contempo l’ inquietante comicità) che, in modo sempre più invasivo ed invadente, pervadono le esistenze di ognuno di noi. Gli eroi de “Il processo” e de “Il castello” mai sono stati più vicini a noi come oggi, soggetti ad una violenza arbitraria, rappresentati in situazioni imperscrutabili, circostanze nelle quali l’assurdità si estende in maniera sempre più capillare e spaventosa.
Una storia come tante la mia, come quella di tanti docenti precari obbligati a compiere un viaggio inverosimilmente ed inspiegabilmente lungo, snervante (disumano), in vista del sostenimento della prova orale del Concorso docenti 2024. Da Cosenza a Palermo. Sette ore circa di viaggio. Partenza sul far del giorno (notte precedente pressoché insonne causa elaborazione e stesura della famigerata “Lezione simulata”) con orario fissato per la prova alle ore 15.
Fisico allo stremo reclamante una tregua, una invocazione implorante del corpo e della mente svuotati sino allo sfinimento, a seguito di un anno di studio per la preparazione al Concorso docenti. E poi i viaggi, tutte le mattine, per andare a scuola, a lavoro, come docente di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado. Naturalmente, da precaria. Puntualmente cacciata via il 30 giugno, con una pedata maldestra, docente “usa e getta”. Un viaggio. Un labirinto senza uscita. Un orizzonte senza trascendenza e senza trascendimenti. Il tempo finisce, ma il mondo ricomincia esattamente come prima.
Il condannato e l’esecutore.
La macchina che ti scrive addosso la colpa, come Kafka descriveva con una abilità senza pari. Lasciamo stare.
La prova d’esame. Una situazione grondante contraddizioni, in cui non si comprende come vadano le cose, di cui sfugge il senso e che pure è d’uopo accettare. Mi ritrovo davanti alla commissione e procedo con la estrazione (così come previsto dal bando del concorso) della busta contenente il quesito di natura disciplinare (concorrevo per l’ ADSS, sostegno nella scuola secondaria di secondo grado). Leggo . Un rigo. Non un quesito, qualcosa attorno al quale occorreva argomentare, soffermarsi, analizzare. Un rigo: DPR 28 marzo 2013 N 80. Tutto in un istante. Raggelante. Lapidario, in tutta la sua terrificante aridità. Nulla di più sorprendentemente distante da ciò che avevo studiato, in modalità matta e disperatissima, per l’intero anno trascorso. Una variopinta mescolanza di pensieri, subitamente il sudore imperla la mia fronte. Stordita, inebetita, muta fisicamente la mia postazione per sostenere la prova di lingua inglese (di livello almeno B2, tuona spietatamente il bando), con la docente che pone domande incomprensibili e che, sommessamente, pare anche compiaciuta nell’infierire. Neanche mi trovassi là a dover sostenere una prova per il conferimento di una cattedra per l’insegnamento della lingua inglese.
Ecco che ritorna Kafka a rammentarmi che Josef K è colpevole. Colpevole senza colpa. Alla fine non lo si risparmia, gli vengono inferte coltellate ripetutamente. Un anno intero di studio per nulla. E il nulla nullifica.
Io, in possesso di un Dottorato di ricerca in Filosofia, specializzata sul sostegno a suon di sacrifici sovrumani ed elargizioni economiche tutt’altro che esigue, lettrice appassionata e bulimica sin dalla età più tenera (non potei quasi credere quando mi riuscì di ultimare le circa quattromila pagine della Recherche proustiana!), autrice di un saggio dedicato a Dostoevskij, ebbene, ex abrupto, alla stregua di Gregor Samsa, mi ritrovo come tramutata in un insetto immondo.
A ben vedere, come in tante pagine dei romanzi di Kafka, la faccenda si presenta con un volto parimenti comico. Certo, lì per lì non potevo forse averne sentore, ma lo era eccome! Incredibilmente e drammaticamente comica.
L’intero, poderoso lavoro di un anno si riconduce a quel rigo riguardante il DPR n 80 (cosa c’entrava mai poi con l’insegnamento sul sostegno, una autentica nefandezza). La mia passione smodata per la lettura dei grandi classici, al contempo, il mio essere un funambolo della lingua, la nostra dolcissima lingua, l’italiano, mortificata dall’incalzare sempre più minaccioso ed importuno dell’inglese, ahimè, non mi hanno fatta reputare idonea al superamento della prova.
Una vergogna. Una ingiustizia metafisica. Mi vien voglia di vestire i panni di Travis in Taxi Driver.
E proprio come Kafka apocalitticamente prefigurava, vi è una meta a cui l’individuo è indirizzato, ma il suo raggiungimento viene continuamente impedito da forze indecifrabili ed ostili. Un rigo, quel misero, inutile, plumbeo rigo ha decretato in via definitiva ed inappellabile la mia inadeguatezza al passaggio in ruolo per l’insegnamento del sostegno.
Leggiamo ne “Il Castello”: “I suoi sforzi sono inutili, sta ancora attraversando le stanze del palazzo più interno; mai riuscirà a superarle e se anche ci riuscisse, non avrebbe ottenuto nulla, avrebbe da percorrere i cortili; e dopo i cortili il secondo palazzo che li circonda; e di nuovo scale e cortili, e ancora un palazzo; e così via per millenni”.
Viaggio da Cosenza a Palermo e da Palermo a Cosenza.
Anomalo, angoscioso, disperato. Comico, tuttavia. Mi torna in mente l’acronimo MIM: ci si fregia di adoperare il sostantivo “Merito”.
Non parteciperò mai più a simili concorsi –farsa, reputando di gran lunga preferibile il mantenimento della configurazione “precaria”. Se non altro più dignitosa.
Un fatto è certo. Se a Franz Kafka fosse dato di far ritorno tra noi per un breve lasso di tempo, così come avviene per il Cristo della Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij, egli sarebbe orgogliosamente fiero di narrare di questa infelicissima epoca.
Di questo mondo irrimediabilmente rovesciato.
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