Con le nuove regole tra pochi giorni oltre metà degli alunni in DAD
Da una proiezione del numero di classi che potrebbero superare i limiti massimi di alunni contagiati previsti dal Governo emerge che tra dieci giorni 200mila classi (più di una su due), dalla scuola dell’infanzia alle superiori, rischiano di dover interrompere la didattica in presenza. Erano questi i piani del Governo?
Da oggi, secondo il calendario ufficiale, riaprono le scuole in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Friuli, Marche, Toscana e in provincia di Trento). Anche se autonomia delle scuole e ordinanze dei sindaci hanno fatto slittare in numerosi casi l’apertura effettiva a lunedì 10 gennaio. Il Governo nel decreto varato il 5 gennaio e di imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ha confermato che si torna in presenza. Ma per quanto?
Occorre fare i conti con i crescenti contagi che stanno coinvolgendo alunni e personale scolastico, nonostante la chiusura delle scuole per le vacanze natalizie. E le regole stesse fissate dal decreto del Governo portano a stimare che dopo pochi giorni di applicazione la maggior parte delle classi si ritroveranno in Dad. Vediamo perché.
Sul milione e 406 mila casi positivi registrati alla vigilia dell’Epifania, stime attendibili individuano in circa 300mila gli alunni contagiati.
Si può calcolare che, in rapporto all’intera popolazione scolastica, siano circa 35mila i bambini della scuola dell’infanzia infettati, 95mila quelli della scuola primaria, 65mila gli alunni della scuola secondaria di I grado e 105mila studenti delle superiori.
Tuttoscuola ha elaborato una proiezione del numero di classi per le quali, applicando le regole stabilite dal Consiglio dei ministri, verrebbero sospese le lezioni (scuola dell’infanzia) o che passerebbero alla didattica a distanza (dalle scuole primarie alle superiori).
Per la scuola dell’infanzia dove le sezioni sono 41.382, supponendo che almeno la metà ospiti uno o più di quei 35 mila bambini, vi sarebbero circa 20 mila sezioni chiuse con tutti i bambini in quarantena per almeno dieci giorni.
Analogamente, per la scuola primaria dove le classi sono 125.495 a ospitare quei 95mila alunni contagiati, andrebbero in didattica digitale integrata (DDI) per la durata di dieci giorni fino a un massimo di 48 mila classi.
Per le classi della secondaria di I grado (77.883) e per quelle di II grado (124.145), dove con almeno tre casi di positività nella classe si applica alla medesima classe la didattica digitale integrata, si potrebbero avere fino a un massimo di 21 mila classi di secondaria di I grado con gli alunni a casa in DDI e fino a un massimo di 35 mila classi delle superiori con gli studenti a casa in DDI, tutti per almeno dieci giorni.
Questa situazione probabile si riferisce ai numeri di contagiati ad oggi e potrebbe verificarsi in tutta Italia già da lunedì prossimo, 10 gennaio. Ma, considerato che il contagio dalla variante Omicron non ha ancora raggiunto il suo picco e negli ultimi tre giorni ha registrato un incremento quotidiano di casi positivi intorno al 12%, al termine della prossima settimana gli alunni contagiati potrebbero raggiungere il mezzo milione o addirittura di più rispetto ai 300mila previsti attualmente.
Con quali conseguenze per le scuole, in base alle regole fissate dal nuovo decreto? Si potrebbero avere quasi tutte le sezioni di scuola dell’infanzia chiuse, circa 80mila classi di primaria in DDI e con esse 30 mila classi della secondaria di I grado, nonché 50mila delle superiori anch’esse chiuse con gli studenti a casa a seguire la didattica digitale integrata. Si tratta di stime in base ai numeri disponibili ma altamente indicative dell’entità del fenomeno a cui è prevedibile si andrà incontro nei prossimi giorni.
Delle 369mila classi di scuola statale, circa 200mila nella settimana dal 17 gennaio in poi potrebbero essere chiuse, con gli alunni in Dad.
Non è dato sapere se il Governo, nello stabilire i limiti massimi di alunni positivi nella stessa classe prima di interrompere la didattica nelle aule, fosse consapevole che le nuove regole avrebbero portato in breve tempo al passaggio di fatto alla didattica a distanza per una metà abbondante della popolazione scolastica. Il principio della scuola in presenza è stato nella lettera del decreto difeso e confermato. Gli effetti sostanziali potrebbero essere diversi.
Nel frattempo l’appello di oltre 2500 presidi (un quarto del totale) a sospendere le lezioni in presenza per due settimane per tutte le scuole è stato già respinto dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa.
Eppure i dirigenti scolastici rappresentano i sensori più diretti di quanto sta accadendo intorno alla scuola (in queste ore le loro caselle di posta elettronica sono subissate da mail di genitori con figli positivi (e non) che chiedono la dad e contemporaneamente da quelle del personale docente e non docente che comunica di non poter prendere servizio. Il Governo potrebbe preferire lasciare che si scivoli rapidamente verso analogo risultato (cioè verso una ampia estensione di fatto alla didattica a distanza) in applicazione delle regole stabilite dal decreto, che però comportano problemi attuativi non indifferenti. E forse intervenire successivamente, magari ripristinando il meccanismo dei colori con chiusure generalizzate per Regione come durante lo scorso anno scolastico.
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