Chi tiene in piedi la scuola? I dati ANCoDiS: migliaia di docenti in prima linea, ma senza riconoscimento contrattuale

Chi sono davvero i collaboratori dei dirigenti scolastici e le cosiddette “figure di sistema” che operano ogni giorno per il funzionamento organizzativo e didattico delle scuole? Quanto incidono sul buon andamento delle istituzioni scolastiche autonome? E soprattutto: come viene riconosciuto – giuridicamente ed economicamente – il loro lavoro?

A rispondere è il consueto report di fine anno curato da ANCoDiS (Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici), basato sui dati raccolti tramite un questionario rivolto a docenti impegnati in incarichi di collaborazione. I risultati, presentati a fine luglio 2025, restituiscono l’immagine di una componente fondamentale del sistema scolastico, che opera con elevato senso di responsabilità e competenze acquisite, ma che resta priva di riconoscimenti formali adeguati.

Un’identità professionale solida, un lavoro sommerso

Il 76,5% dei rispondenti è una docente, una donna per lo più con oltre 20 anni di servizio. Quasi l’80% opera da più di 9 anni nella stessa scuola: un dato che evidenzia non solo la stabilità, ma anche la conoscenza profonda del contesto scolastico, spesso accompagnata da un ruolo di “memoria storica”.

Il 50,4% ricopre l’incarico di primo collaboratore del dirigente scolastico, seguito da funzioni strumentali (25,7%), responsabili di plesso (19,4%) e altri ruoli come tutor, animatori digitali, referenti di sistema. Più della metà svolge queste funzioni da oltre cinque anni. Solo il 15,7% ha un esonero totale dall’insegnamento, mentre il 51,1% continua a insegnare a tempo pieno, svolgendo il proprio incarico in orario aggiuntivo.

Tanti compiti, poca retribuzione

Il carico di lavoro è in crescita per oltre il 70% dei partecipanti. Le attività svolte spaziano dalla stesura di regolamenti e circolari alla gestione degli spazi scolastici, dalle emergenze alla mediazione con famiglie e studenti, dalla sicurezza al coordinamento dei fondi PNRR e delle attività PTOF. Tuttavia, il riconoscimento economico resta modesto: il 62% riceve meno di 2.000 euro lordi annui, e il 92,6% ritiene il compenso inadeguato.

Motivazioni forti, ma rischio di disaffezione

Le ragioni per cui questi docenti accettano gli incarichi sono prevalentemente etiche e professionali: contribuire al buon funzionamento della scuola (81,7%), migliorare la comunità scolastica (66%) e l’offerta formativa (55,6%). Solo il 16,4% lo fa per motivi economici. Ma la mancanza di valorizzazione rischia di erodere questa motivazione: “Cosa accadrebbe se da settembre queste figure decidessero di non accettare più l’incarico?”, si chiede provocatoriamente ANCoDiS.

Proposte per il riconoscimento

Dal report emergono proposte concrete per il futuro: il riconoscimento giuridico dei collaboratori del DS, l’istituzione di una “area delle figure di sistema” con percorsi formativi specifici, valutazione triennale, carriera differenziata e punteggi per mobilità e concorsi. Il 94,4% chiede che le funzioni svolte siano formalmente certificate nel curriculum professionale e valorizzate anche in termini retributivi e di carriera.

Una scuola che funziona non può poggiare solo sulla buona volontà

Nel suo commento finale, ANCoDiS sottolinea l’urgenza di superare l’attuale condizione di invisibilità contrattuale: “Oggi la scuola autonoma poggia su un lavoro professionale essenziale, ma non riconosciuto. È tempo di dare forma giuridica a chi, con competenza e spirito di servizio, contribuisce ogni giorno a far funzionare le nostre scuole.”

 

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