
Chi non vuole il concorso
In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera (‘Stare anche dalla parte degli studenti”, domenica 9 settembre) Roger Abravanel, teorico e fautore della meritocrazia, cui dedicò quattro anni fa un libro pubblicamente apprezzato dal neoministro Gelmini, sostiene che “chi sta dalle parte dei precari (i sindacati, alcuni politici, alcuni giornalisti)” sarebbe in grave imbarazzo se dovesse scegliere per il proprio figlio tra una insegnante precaria di 45 anni che sta in graduatoria per aver fatto un concorso tanti anni fa senza vincerlo, e una “giovane trentenne che è risultata tra i primi in un concorso fatto in questi giorni”.
L’opposizione al concorso viene – questa è la sua tesi – non dai destinatari finali del servizio educativo, gli studenti e i loro genitori, ma da chi afferma la priorità della soluzione del problema del precariato scolastico rispetto all’obiettivo di migliorare la qualità del servizio cominciando a selezionare meglio i suoi principali operatori, gli insegnanti.
Come sta accadendo anche in altri settori della società italiana il ‘diritto al lavoro’ viene concepito da alcune forze politiche e sindacali come una vera e propria variabile indipendente. Siamo d’accordo invece con Abravanel nel ritenere che l’unica variabile indipendente nel campo dell’educazione dovrebbe essere la ricerca di una migliore qualità ed equità del servizio offerto ai cittadini.
Un obiettivo che si può conciliare con quello di stabilizzare gli insegnanti precari di cui il sistema scolastico si è avvalso per anni e di cui ha comunque bisogno, ma che non può e non deve essere sostituito da quest’ultimo.
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