
Carlo Buccirosso: ‘Quando ero studente, avrei voluto insegnanti più umani e meno formali’

Photo credits GILDA VALENZA
Di Sara Morandi
Carlo Buccirosso, noto regista e attore, è attualmente in tournée con la commedia “Il vedovo allegro” che racconta la vita di Cosimo Cannavacciuolo, un vedovo ipocondriaco segnato dalla pandemia. La commedia farà tappa a Firenze il 29 marzo 2025. Durante l’intervista, Carlo ha spiegato che la sua versatilità e la capacità di scrivere i propri ruoli, gli consentono di esprimere un’ampia gamma di emozioni sul palcoscenico. In passato, l’attore napoletano ha studiato giurisprudenza ma ha poi scelto il teatro, iniziando la sua carriera all’età di 26 anni, dopo il servizio militare. Guardando al futuro dell’istruzione, Buccirosso immagina una scuola che favorisca legami più profondi tra studenti e insegnanti, diversamente dalla sua esperienza scolastica, che era più formale. Sottolinea l’importanza del teatro come strumento educativo, che ha introdotto nelle scuole negli anni ’80 e ’90, riscontrando un impatto positivo sui giovani. L’attore crede che insegnare sia una vocazione e non solo un lavoro, e ribadisce l’importanza della passione nel trasferire conoscenze e amore per l’arte ai ragazzi
Carlo Buccirosso, benvenuto su Tuttoscuola. Regista ed attore, è noto per la Sua capacità di interpretare personaggi ironici e ricchi di sfaccettature. Fra questi anche Cosimo Cannavacciuolo, protagonista della commedia: “Il vedovo allegro”, attualmente in tournée e che farà tappa a Firenze il 29 marzo 2025. Come riesce a calarsi in ruoli che richiedono di esprimere una vasta gamma di emozioni, dall’angoscia alla speranza?
“Ho sempre avuto una particolare attitudine a far sorridere la gente e, sin dagli inizi della mia carriera, ho scritto molti ruoli da me interpretati. La scrittura sta alla base anche di una buona, appunto, riuscita per l’attore che deve calarsi in un protagonista, in un personaggio anche completamente diverso dalla sua personalità. Inoltre, mi reputo un professionista poliedrico e questo mi è sempre stato di grande aiuto nel mio lavoro fino ad oggi. Che dirti di Cosimo Cannavacciuolo… La vicenda si ambienta tre anni dopo il termine della pandemia. Cosimo è vedovo con tendenze ipocondriache e afflitto da continue ansie e paure, vive nel centro di Napoli in un antico edificio. La perdita della moglie, a causa del virus, ha segnato profondamente la sua esistenza. Per far fronte ai problemi economici, decide di affittare una stanza a Virginia, una giovane attrice di cinema e di teatro, la cui presenza porterà un po’ di leggerezza nella sua vita. La sua vera preoccupazione però sono i coniugi Tomacelli, i vicini di casa, che custodiscono un segreto drammatico che complicherà ulteriormente la sua lotta quotidiana per sopravvivere. Di più non posso raccontarvi perché vi aspetto in teatro…”.
Ha iniziato la Sua carriera studiando giurisprudenza, scegliendo poi il palcoscenico. Cosa l’ha spinta a intraprendere questa strada e che studente è stato in passato?
“Amavo giocare a calcio e studiare. Questa mia inclinazione verso gli studi, rendeva orgogliosa e soddisfatta anche la mia famiglia. Per poco non ho terminato la facoltà di giurisprudenza: mi mancava solo mezzo esame e la tesi di laurea. È stato un vero peccato, ma è andata così. Ho iniziato a lavorare tardi in teatro, intorno ai 26 anni, dopo aver completato il servizio militare. Ora sono appagato di ciò che faccio, ma soprattutto del fatto che riesco a far sorridere le persone”.
In televisione nei panni del procuratore capo Vitali, nella fortunata serie di “Imma Tataranni”, impegnato anche con le sue figlie gemelle per via del suocero malato e della moglie fuori città. Che cosa può anticiparci riguardo all’evoluzione del Suo personaggio?
“Per motivi tecnici legati ai tempi televisivi, non si approfondisce molto la vita del procuratore Vitali. C’era un figlio che oggi non appare più, mentre in questa stagione, si intravedono due figlie gemelle. I tempi di una puntata di una fiction televisiva sono di circa 90 minuti, esclusa la pubblicità. Come avrete notato, la narrazione di ogni singola puntata si concentra sul caso investigato, su Imma, che è la protagonista e sulla sua vita professionale e privata. L’ironia è un ingrediente fondamentale della serie. Divertenti sono i siparietti tra Imma e il procuratore, con battibecchi sempre costruiti con rispetto reciproco, che rendono il loro rapporto piacevole agli occhi degli spettatori”.
Guardando al futuro, che scuola immagina per le prossime generazioni e cosa avrebbe voluto nella Sua scuola quando era uno studente?
“Riflettendo sulla mia esperienza scolastica, devo ammettere che durante gli anni in cui ero studente, sentivo la mancanza di un vero legame umano con i professori. I rapporti erano spesso più formali e distanti. Non c’era un vero spazio dedicato allo sviluppo di una relazione più profonda. Negli anni ’80 e ’90, ho iniziato a insegnare teatro nelle scuole, offrendo ai ragazzi un’opportunità unica di crescita personale. Il teatro, secondo me, è una palestra di vita che può essere incorporata anche nelle scuole elementari. Alla fine dell’anno scolastico, i genitori erano entusiasti dei cambiamenti dei loro figli. Questo dimostra quanto il teatro possa influenzare positivamente lo sviluppo dei giovani. Insegnare non è solo una professione, ma una vocazione. Non tutti hanno la capacità o il desiderio di trasmettere il proprio amore e conoscenze agli altri. È importante avere la passione di trasferire ciò che si ama. Se si insegna solo per il denaro, si perde il vero spirito dell’insegnamento. Personalmente, anche se in quel periodo guadagnavo, non mi sono mai fermato perché per me l’insegnamento è qualcosa che non si esaurisce mai. È una continua ricerca di nuove esperienze e soddisfazioni”.
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