Campagna incandescente, scuola assente

L’ultimo tratto della campagna elettorale è stato caratterizzato da una escalation dei toni e delle reciproche accuse, anche pesanti e ipersemplificate, che i leader dei due partiti in lizza per la guida del governo, PD e PDL, si sono scambiati.

Effetto inevitabile, sotto il profilo della comunicazione politica, della necessità che entrambi avvertivano di “fare il pieno” del proprio elettorato potenziale, evocando il rischio di un successo dell’avversario. Di qui l’appello al “voto utile” e una certa sordina posta sui programmi e sulle proposte, salvo quelle di carattere macroeconomico.

E se prima di scuola si era parlato poco, nell’ultima settimana non se ne è parlato quasi per nulla, almeno a livello dei candidati presidenti, con la solitaria ma flebile eccezione di Enrico Boselli, che sulla “difesa della scuola pubblica” aveva incentrato la campagna elettorale “zapateriana” dei socialisti italiani.

Da un certo punto di vista si potrebbe perfino giudicare positivamente il fatto che la scuola sia stata tenuta fuori dalle polemiche che hanno movimentato la parte finale della competizione tra PD e PDL. La cosa potrebbe essere interpretata come un segno di consapevolezza dell’importanza del tema: troppo serio e rilevante per il Paese per essere bruciato nel fuoco delle forzature di fine campagna elettorale. Noi, almeno, ci auguriamo che questa sia la giusta interpretazione di un silenzio che altrimenti significherebbe indifferenza o, peggio ancora, disimpegno (= miopia, come abbiamo documentato nel nostro “Dossier per la scuola“).