Campagna contro gli Esami di Stato?

Ci ha scritto Paolo Francini, che polemizza con il nostro articolo Maturità, un rito ormai inutile?.

All’intervento del lettore, che di seguito volentieri pubblichiamo, segue una nostra risposta:

Sinceramente non capisco il perché di questa campagna tesa a sminuire il ruolo degli esami di Stato.

Già il titolo “Maturità, un rito ormai inutile?” è eloquente. Fino alla frase conclusiva: “Ma anche ammesso che gli studenti riescano davvero a raggiungere la sufficienza in tutte le materie (una sufficienza non “politica”), la domanda è: non sarà, a quel punto, un esame svuotato di gran parte del suo significato?

In realtà già oggi, e da almeno 10 anni ormai, quasi tutti superano l’esame. Quindi la funzione dell’esame già da un pezzo non è più quella di operare una selezione in vista del diploma.

L’esame ha due funzioni essenziali:

– quella di proporre un vaglio esterno, o quantomeno “semiesterno”, e dunque di arginare l’autoreferenzialità dell’insegnamento e della valutazione delle istituzioni scolastiche autonome, e salvaguardare la valenza legale e nazionale del titolo di studio rilasciato;

– fornire per ciascuno studente una valutazione graduata di uscita.

Queste due funzioni sono evidentemente compatibili anche con un regime di ammissione più severo dell’attuale. Inoltre, anche chi è ammesso con tutti i voti sufficienti può svolgere prove d’esame insufficienti e quindi non diplomarsi. È poco probabile ma possibile.

Se poi si chiede: è migliorabile la formula d’esame attuale? Allora la risposta è sì, senza indugi. Ma cosa c’entra la migliorabilità con l’utilità del rito?

Queste argomentazioni sono del tutto evidenti: come è possibile che sfuggano ad una rivista informata sugli affari scolastici?

Cordialità,

Paolo Francini

Caro lettore,

avrà notato che il titolo della nostra notizia recava un punto interrogativo. Il nostro intento era di informare sulle recenti prese di posizione riguardanti l’opportunità di sostituire l’esame finale con un esame d’ammissione al ciclo successivo.

Conveniamo con lei sull’idea che l’esame potrebbe essere reso più serio e credibile, ma perché non prendere in considerazione prospettive più ampie e moderne, dato che lo si sta facendo in tutto il mondo?

Accanto a una valutazione interna – o di processo – di cui è giusto che assuma la responsabilità il corpo docente che ha formato l’alunno, potrebbe essere opportuno prevedere una valutazione esterna – o di prodotto, per usare una brutta ma efficace espressione del linguaggio economico – realizzata al di fuori del contesto scolastico, e utile anche ai fini della scelta successiva, universitaria o non,  nonché come riscontro della valutazione interna, almeno nelle materie chiave.

Ci fa sempre piacere, comunque, che i nostri lettori, come ha fatto lei in questo caso, ci mandino un feed-back sulle notizie che pubblichiamo. Ci aiuta a fare meglio. Grazie per la sua attenzione.

La redazione di Tuttoscuola

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