
Brexit/2. Che cosa cambia per gli studenti italiani
Almeno per i prossimi due anni (il tempo necessario per attuarla dal punto di vista giuridico e procedurale) l’uscita della Gran Bretagna dalla UE non produrrà effetti concreti. Lo ha fatto notare l’ambasciata italiana in un comunicato volto a tranquillizzare gli italiani che vivono in quel Paese. “Il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni – si legge nel comunicato – ha dichiarato che il Governo italiano veglierà sul rispetto dei diritti acquisiti dei cittadini italiani tanto nell’immediato quanto nei futuri negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea”.
Anche il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha subito sottolineato che nulla cambierà sul fronte del programma Erasmus: “L’#Europa dell’#Erasmus e della conoscenza non si ferma con la #Brexit. Ora più Europa, quella dei giovani”, ha scritto su Twitter.
Poi, in un post sul suo profilo Facebook, il ministro ha sviluppato più ampiamente il suo ragionamento: se è vero che con la Brexit la generazione Erasmus “ha perso un pezzo di sé” e “per un po’ ha smarrito il sorriso”, va detto anche che subito dopo ha “preso piena coscienza della sua identità, anche con maggiore determinazione”. “Quella che oggi può sembrare una sconfitta (e per molti aspetti lo è, inutile negarlo) potrà diventare la base per costruire un’Europa migliore se sapremo rafforzare il senso della cittadinanza europea. L’Europa non è nata per festeggiare o proteggere il passato, ma per progettare e riempire il futuro, un futuro fatto di conoscenza, di ricerca, di innovazione, di occupazione qualificata e ‘intelligente’”.
Negli ultimi nove anni, fa notare il ministro, il programma Erasmus ha coinvolto quasi 25 mila studenti italiani e britannici in esperienze di studio e di tirocinio nel Regno Unito e in Italia. Come dare continuità a questo interscambio, rivelatosi prezioso per tutti i giovani coinvolti? Giannini è ottimista e accenna ad “altri strumenti per non interrompere questo flusso”. Quali “altri strumenti” sono ipotizzabili, al di là del ritorno ai classici (pre UE) accordi bilaterali tra l’Italia e la Gran Bretagna post Brexit? Giannini non lo dice, ma forse nessuno è in grado oggi di fare proposte operative in un momento come quello attuale che segna una storica, temiamo, battuta d’arresto nel processo di costruzione di una più forte e condivisa identità europea. Oppure, speriamo, il punto di svolta verso il rilancio dell’intuizione originaria dei profeti dell’Unione europea, da Spinelli a Schuman a De Gasperi, che concepivano la nuova Europa uscita dalla seconda guerra mondiale non solo come spazio economico di interscambio ma in primo luogo come soggetto politico di condivisione delle decisioni strategiche.
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