“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà della scuola è indipendente dal controllo dello Stato”. Firmato: Antonio Gramsci.
E’ una delle molte citazioni utilizzate da Dario Antiseri in un polemico articolo, pubblicato sul Corriere della Sera (21 agosto 2014), nel quale il filosofo cattolico si chiede come mai le scuole paritarie siano tanto emarginate e indifese nell’attuale contesto politico e sociale italiano.
Nel mirino di Antiseri non sta tanto la sinistra statalista, che pure ha dimenticato la lezione di Gramsci, quanto la nessuna considerazione che i “cosiddetti liberali laici intossicati di laicismo illiberale” ma anche tanti “sedicenti cattolici” nutrono per la libertà in campo educativo.
Dopo una puntigliosa analisi della anomalia della situazione italiana rispetto a quella del resto d’Europa, dove le scuole non statali sono finanziate con risorse pubbliche, Antiseri passa alla quantificazione dei risparmi che il mancato finanziamento delle paritarie consente allo Stato di realizzare: “Dai dati Miur 2012: alunni delle scuole statali: 7.737.639; alunni delle scuole paritarie: 1.036.403, di cui 702.997 iscritti alle scuole cattoliche. Finanziamento totale alle scuole statali: 40.596.307.956; finanziamento totale alle scuole paritarie: 498.928.558 euro. Costo allo Stato in media per alunno di scuola statale: 5.246,60 euro; costo allo Stato in media per alunno di scuola paritaria: 481,40 euro. Le scuole paritarie, dunque, in un anno, hanno fatto risparmiare allo Stato la bella cifra di 5.000.000.000 (cinque miliardi) di euro. In dieci anni – con un calcolo per difetto, dato che il numero degli alunni iscritti alle paritarie è progressivamente diminuito – la scuola paritaria ha fatto risparmiare allo Stato oltre 50 miliardi di euro”.
Ma non è tanto l’aspetto economico a muovere la critica di Antiseri quanto quello politico-sociale: “Non è giusto e soprattutto non è libero un paese dove una famiglia che iscrive un figlio a una scuola paritaria debba pagare per questa sua scelta di libertà. Uno Stato che costringe a comprare pezzi di libertà non è uno Stato di diritto. E, intanto, negli ultimi tre anni è morta una scuola libera ogni tre giorni – ogni tre giorni è morto un pezzo di libertà”.
E infine, a conclusione di un articolo certamente destinato a far discutere, il cattolico Antiseri si rivolge direttamente al cattolico Renzi: “Una volta messi al sicuro gli edifici scolastici – provvedimento sacrosanto e prioritario – il presidente Matteo Renzi, politico ‘pragmatico’ e ‘non ideologico’, come pensa di risolvere il problema della parità scolastica? È d’accordo o no con la Risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà di insegnamento? Pensa che abbiano ragione i Vescovi, e non solo loro, o si sente schierato dalla parte dei tanti pretoriani del monopolio statale dell’istruzione? Considera o no il buono-scuola una urgente e necessaria terapia per i mali del nostro sistema educativo? Pensa anche lui che è servizio pubblico solo ciò che è statale? Aveva torto quel rappresentante di sinistra il quale, anni fa, dichiarò che il buono-scuola è una carta di liberazione per le famiglie meno abbienti?”.
L’intervento di Antiseri, sostenitore da sempre del ‘buono scuola’ (da assegnare alle famiglie, non alle scuole, a garanzia della effettiva libertà di scelta dei genitori), si inserisce in un momento di ripresa del dibattito su un diverso finanziamento del sistema di istruzione a partire dalla definizione di un ‘costo standard per alunno’: uno strumento concettualmente non distante dal buono scuola.
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