Addio ai 30 punti delle Ssis

Sta, forse, per finire quel tormentone dei famosi 30 punti di bonus, attribuiti ai docenti usciti dalle Ssis, che per quasi due anni ha accompagnato molte vicende scolastiche e giudiziarie.
Tra sissini e precari si è scatenata una guerra tra soggetti in fondo ingannati da normative confuse, che si sono stratificate in maniera contraddittoria. Lo abbiamo già detto, in questa vicenda gestita con poca chiarezza da almeno tre governi e due parlamenti, tutti i soggetti coinvolti pagano di persona, ma soprattutto chi perde è la scuola: quanto accaduto non può non creare, soprattutto agli occhi dei giovani, disaffezione e diffidenza verso questo mestiere.
Ma ricostruiamo in poche righe la vicenda. Quel punteggio aggiuntivo di 30 punti per i sissini, voluto dal Parlamento nella passata legislatura e gestito con sofferenza dal ministro De Mauro, era diventato una scottante eredità per il ministro Moratti, accusata dai precari di non essersi adoperata a sufficienza per cancellare l'”errore” in cui era incorso l’Ulivo.
Il Tar del Lazio (e non solo) aveva detto più volte la sua, con effetti a catena sulla regolarità delle nomine.
Il Senato ora ha detto “basta” e, in sede di conversione del decreto legge 212/2002, ha impegnato il Governo, per quanto riguarda le graduatorie permanenti, ad assicurare parità di trattamento per l’attribuzione del punteggio per i normali abilitati e per i docenti delle Ssis. Concorso ordinario ed esame di Stato della Scuola di specializzazione valgono, dunque, un punteggio uguale; altri bonus, tipo i 30 punti, non saranno più attribuiti.
Il ministero dell’Istruzione dovrà ora trovare la strada giusta per mettere in atto la risoluzione del Senato, in modo da consentire, in occasione dei prossimi aggiornamenti di graduatoria, le dovute equiparazioni. Non sarà facile e non è nemmeno detto che si riesca a mettere la parola “fine” alla vicenda. 30 punti in più o in meno possono valere un posto fisso per tutta la vita… Si può essere certi che chi se li vedrà sottratti venderà cara la pelle.